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Diabete
e patologia cardiovascolare
Anne
Peters Harmel, MD |
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Introduzione
I pazienti affetti
da diabete hanno un rischio decisamente
aumentato di patologia macrovascolare.
Un soggetto diabetico e privo di patologia
cardiovascolare nota (CVD) ha un rischio
pari a quello di un soggetto non diabetico
che abbia già presentato un evento
cardiovascolare [1].
A causa di tale rischio elevato, il
diabete è considerato equivalente
a una patologia cardiovascolare nelle
linee-guida del National Cholesterol
Education Panel (NCEP) Adult Treatment
Panel (ATP) III - quindi, un soggetto
diabetico ha lo stesso rischio e la
stessa necessità di trattamento
di un individuo che tradizionalmente
sarebbe stato considerato in una categoria
di "prevenzione secondaria"[2].
Inoltre, o forse come parte di tale
elevato rischio CVD, i pazienti diabetici
e pre-diabetici spesso presentano la
sindrome metabolica. Sindrome, questa,
che aumenta considerevolmente il rischio
CVD
[3].
La sindrome metabolica rappresenta un'area
della ricerca clinica e di base, nonché
dell'assistenza clinica, di recente
definizione e in rapida evoluzione[2,4,5,6].
Molti aspetti della sindrome metabolica
devono ancora essere complessivamente
definiti, e tutte le interrelazioni
(in particolare quella con la resistenza
insulinica) non sono ancora state pienamente
comprese[7].
Probabilmente la caratteristica principale
sia della sindrome metabolica sia della
sindrome da resistenza insulinica è
la comprensione del fatto che queste
alterazioni sono utili all'identificazione
dei pazienti a rischio significativo
sia CVD, sia di diabete di tipo 2. Tra
le caratteristiche della sindrome metabolica
che sembrano aumentare il rischio CVD
vi sono l'obesità centrale, la
dislipidemia, l'ipertensione, l'ipercoagulabilità,[8]
l'infiammazione di basso grado[9,10].
e un'abnorme reattività
vascolare[11].
La sindrome metabolica è stata
descritta da moltissimi ricercatori,
per molti anni. Già negli anni
'20 del secolo trascorso il medico e
ricercatore svedese Eskil Kylin descrisse
un disturbo caratterizzato dalla presenza
di ipertensione, iperglicemia e iperuricemia[12].
Più recentemente il Dott. Gerald
Reaven e coll., insieme ad altri ricercatori,
descrissero in dettaglio le caratteristiche
di quella che attualmente viene definita
"sindrome metabolica" o "sindrome
X"[13,14].
Questi autori sono stati tra i primi
a suggerire la relazione con il disturbo
generalizzato della resistenza insulinica.
Aumentando la consapevolezza del significativo
rischio CVD associato a questo disturbo
[15,16],
definizioni formali della sindrome metabolica
sono state proposte da diverse organizzazioni,
tra le quali la World Health Organization
(WHO), il National Cholesterol Education
Program (NCEP), e l'American Association
of Clinical Endocrinologists (AACE).
Forse la definizione maggiormente utilizzata
è quella presentata nel NCEP
ATP-III (Tabella 1), che fornisce una
serie di criteri clinicamente mirati
a identificare i soggetti ad alto rischio.
Questi criteri descrivono la sindrome
metabolica come "un insieme di
fattori di rischio CVD lipidici e non
lipidici di origine metabolica
strettamente relati a un disturbo metabolico
generalizzato [di] resistenza insulinica".
Tabella 1. Definizioni WHO e NCEP ATP-III
della sindrome metabolica
Caratteristiche |
WHO |
NCEP ATP-III |
Ipertensione |
Terapia anti-ipertensiva
in atto e/o PA>140/90 |
Farmaci per l'ipertensione
arteriosa o PA >130/85 |
Dislipidemia |
Trigliceridi plasmatici
> 1,7 mmol/l (150 mg/dl) e/o
HDL<0,9 mmol/l (35 mg/dl) negli
uomini e <1,0 mmol/l (<40
mg/dl) nelle donne |
Trigliceridi plasmatici
>150 mg/dl, colesterolo HDL<40
mg/dl negli uomini e <50 mg/dl
nelle donne |
Obesità |
BMI >30 e/o
circonferenza vita/fianchi (WHR)
>0,90 negli uomini, >0,85
nelle donne |
Circonferenza
vita >40 cm negli uomini e
>50 cm nelle donne |
Glucosio |
Diabete di tipo
2 o IGT |
Glicemia a digiuno
>110 mg/dl |
Altro |
Microalbuminuria
= tasso di escrezione notturna
di albumina nelle urine >20
mcg/min (30 mg/g creat.) |
|
Condizioni
per la diagnosi |
Diabete di tipo
2 o IGT e 2 qualsiasi dei criteri
sopracitati. In caso di normale
tolleranza al glucosio, devono
essere dimostrati 3 altri disturbi |
3 qualsiasi dei
disturbi sopracitati |
|
BMI, indice
di massa corporea; PA, pressione
arteriosa; HDL, lipoproteina
ad alta densità;
IGT, alterata intolleranza
al glucosio; NCEP ATP-III,
National Cholesterol Education
Program - Adult Treatment
Panel III; WHO, World Health
Organization [Organizzazione
Mondiale della Sanità]
|
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|
La sindrome metabolica
sta diventando sempre più comune.
In un recente rapporto derivato dalla
banca dati del National Health and Nutrition
Examination Survey (NHANES-III) è
stata valutata la prevalenza della sindrome
nella popolazione statunitense utilizzando
le linee-guida ATP-III. Rifacendosi
a tali criteri, la prevalenza aggiustata
per età della sindrome metabolica
tra i soggetti adulti statunitensi è
stata stimata del 23,7% [17].
Le percentuali erano simili negli uomini
e nelle donne, e aumentavano con l'età.
Tra i gruppi specifici di popolazione,
gli americani messicani hanno presentato
la prevalenza maggiore, aggiustata per
età, della sindrome (31,9%).
Sulla base degli attuali dati del censimento,
si stima che probabilmente 47 milioni
di persone che vivono negli Stati Uniti
soffrano di sindrome metabolica. Tali
pazienti devono essere identificati
e trattati, sia per ridurre il loro
rischio CVD, sia per ridurre il rischio
di progressione verso il diabete di
tipo 2.
Lipidi
La dislipidemia diabetica classica è
caratterizzata da elevati livelli di
trigliceridi e da un basso livello di
colesterolo HDL (che solitamente è
associato ad un aumento delle LDL piccole
e dense, più aterogene della
frazione di LDL più grandi)[18].
Inoltre, i pazienti possono presentare
livelli di colesterolo LDL lievemente
aumentati (e in pazienti diabetici un
livello di colesterolo LDL superiore
ai 100 mg/dl è considerato elevato).
Complessivamente, l'evidenza che ritiene
un fattore di rischio i livelli elevati
di colesterolo è molto forte.
I risultati di trial clinici su vasta
scala[19-23]
hanno dimostrato in maniera significativa
il beneficio della terapia volta a ridurre
le LDL nella prevenzione e nel trattamento
della patologia cardiovascolare (CHD),
e sono stati compresi nel più
recente report, l'ATP III. Dati simili
sono confluiti nello sviluppo di linee-guida
per la gestione della dislipidemia da
parte dell'ADA[24].
Tutti i pazienti affetti da diabete
dovrebbero essere sottoposti annualmente
a un profilo lipidico a digiuno, che
consiste nella determinazione della
colesterolemia totale e HDL e della
trigliceridemia. La Tabella 2 fornisce
gli obiettivi ADA per i lipidi nei soggetti
diabetici. Il profilo lipidico andrebbe
ripetuto fino al raggiungimento del
target da parte del paziente. I pazienti
andrebbero incoraggiati a proseguire
nel tempo l'assunzione di farmaci per
ridurre i lipidi, e andrebbe sottolineata
la necessità di un continuo miglioramento
al fine di ridurre il rischio CVD.
Tabella
2. Obiettivi ADA per i lipidi[47]
Lipidi |
Target |
LDL |
<100
mg/dl (<2,6 mmol/l) |
Trigliceridi* |
<150
mg/dl (<1,7 mmol/l |
HDL |
>40 mg/dl
(>1,1 mmol/l) |
|
*Le
attuali linee-guida NCEP
ATP-III suggeriscono che
in pazienti con trigliceridi
>/=200 mg/dl si utilizzi
il "colesterolo non
HDL " (colesterolo
totale meno l'HDL). L'obiettivo
è </=130 mg/dl.
Per le donne è
stato suggerito che l'obiettivo
per l'HDL venga aumentato
di 10 mg/dl. |
|
|
Numerosi studi forniscono l'evidenza
dei benefici della riduzione dei lipidi
nei pazienti diabetici. L'Heart Protection
Study (HPS)[25]
merita una menzione speciale. In questo
studio, pazienti diabetici trattati
con statine avevano presentato una riduzione
del rischio cardiovascolare indipendentemente
dal loro livello iniziale di colesterolo
LDL. Sembra quindi che la maggior parte
dei pazienti diabetici, soprattutto
quelli affetti da diabete di tipo 2,
benefici della terapia con statine.
Tra le altre importanti terapie per
la riduzione del rischio CVD nei pazienti
affetti da diabete e/o sindrome metabolica[26]
vi sono l'aspirina[27]
e il meticoloso controllo dell'ipertensione
con inibitori dell'enzima di conversione
dell'angiotensina[28]
o antagonisti del recettore dell'angiotensina.
Update dal Meeting ADA
Prevenzione
La prevenzione della patologia cardiovascolare
è di primaria importanza, poiché
un numero sempre maggiore di soggetti
è a rischio per le crescenti
percentuali di obesità, pre-diabete,
sindrome metabolica e diabete. Il Diabetes
Prevention Program (DPP)[29]
ha dimostrato che il cambiamento di
stile di vita e la metformina possono
ridurre le percentuali di sviluppo di
diabete di tipo 2. Lo studio non ha
potuto valutare gli outcome CVD, perché
le percentuali di eventi CVD non differivano
nei due gruppi (come ci si attendeva),
ma si è verificata un'importante
riduzione della pressione arteriosa
sistolica e diastolica e dei trigliceridi[30].
Il Dott. Steven Haffner, dell'Health
Science Center dell'Università
del Texas di San Antonio (USA), ha presentato
i dati del DPP che valutavano gli effetti
dello stile di vita e della metformina
sui marker infiammatori non tradizionali
associati al rischio CVD[31].
Egli ha scoperto che sia il cambiamento
dello stile di vita sia la metformina
riducevano significativamente i livelli
di proteina C-reattiva e dell'attivatore
tissutale del plasminogeno. Solo il
cambiamento dello stile di vita riduceva
i livelli di fibrinogeno. Complessivamente,
le modificazioni dello stile di vita
erano più efficaci della metformina
nella riduzione delle percentuali di
tali marker.
In ultimo, è stato valutato il
rischio di sviluppare la sindrome metabolica.[32]
Utilizzando la definizione di sindrome
metabolica del NCEP ATP III, gli interventi
sullo stile di vita hanno ridotto l'incidenza
della sindrome metabolica del 41% (p<0,0001)
vs. placebo, mentre la metformina del
17% (p<0,04) vs. placebo, nei soggetti
del trial che non presentavano sindrome
metabolica al momento dell'inizio dello
studio (il 47% dei soggetti studiati).
Diagnosi
Lo studio DIAD [Detection of Ischemia
in Aysmptomatic Diabetes] è il
primo trial prospettico disegnato per
determinare la prevalenza di ischemia
miocardica silente in pazienti affetti
da diabete di tipo 2[33].
Tale studio ha arruolato 1124 pazienti
tra i 50 e i 75 anni di età senza
anamnesi di coronaropatia (CAD) e con
ECG normale all'inizio dello studio.
Metà dei soggetti è stata
randomizzata per essere sottoposta a
tomografia ad emissione di fotone singolo
con adenosina-Tc99m-Sestamibi (AdSPECT),
e metà a solo follow-up. Complessivamente,
83 delle 113 indagini AdSPECT anormali
mostrarono difetti di perfusione, 29
dei quali quantificati come moderati
o ampi. Gli autori hanno concluso che
le anomalie indicative di ischemia miocardica
silente si presentano in un paziente
affetto da diabete di tipo 2 ogni 5
pazienti asintomatici, e uno ogni 18
pazienti presenta una anomalia di perfusione
maggiore che può richiedere un'ulteriore
valutazione.
Un altro studio ha analizzato i marker
di patologia cardiovascolare subclinica
in un gruppo multietnico di pazienti
affetti da IGT e diabete[34].
Sono stati studiati in tutto 6811 soggetti:
2612 bianchi, 1902 afroamericani, 1497
ispanici e 600 cinesi. 5122 presentavano
una tolleranza al glucosio normale,
587 erano affetti da IGT, e 1102 soffrivano
di diabete di tipo 2. Tutte le misurazioni,
comprese quelle delle calcificazioni
coronariche con la TAC, dello spessore
intima-media della parete della carotide
comune e della carotide interna con
gli ultrasuoni, e dell'indice pressorio
caviglia/braccio, hanno mostrato un
accresciuto rischio CVD nei pazienti
affetti da IGT e diabete di tipo 2.
I pazienti con IGT dovrebbero quindi
essere valutati e trattati per il loro
aumento di rischio CVD.
Trattamento delle dislipidemie
Sono stati presentati due studi sulla
valutazione degli effetti dell'ezetimibe,
un inibitore dell'assorbimento del colesterolo.
In uno studio
[35], l'aggiunta
di ezetimibe alla terapia a base di
statine, in pazienti diabetici e non,
ha portato ad un ulteriore abbassamento
del colesterolo LDL dal 24 al 27%. In
un altro studio[36]
in pazienti affetti da sindrome metabolica
che non raggiungevano il loro target
LDL, l'ezetimibe ha ridotto il colesterolo
LDL del 25%, contro una riduzione del
4% con placebo (p<0,0001).
Sono stati presentati i dati provenienti
dal sottogruppo di pazienti affetti
da sindrome metabolica dello Scandinavian
Simvastatin Survival Study (4S)[37].
Nello studio 4S, 836 dei 4154 pazienti
valutabili presentavano sindrome metabolica.
I pazienti affetti da sindrome metabolica
appartenenti al gruppo del placebo presentavano
un'incidenza più elevata di CVD
rispetto ai pazienti privi di sindrome
metabolica. Complessivamente, la terapia
a base di statine si è rivelata
efficace, sia nei pazienti con sindrome
metabolica, sia in quelli privi di tale
condizione, in termini di significativa
riduzione del rischio relativo di mortalità
totale e coronarica, di eventi coronarici
e di rivascolarizzazioni (riduzione
dell'LDL del 37%). Tuttavia, per le
differenze di eventi di CVD nei gruppi
trattati con placebo, si è scoperto
che i pazienti con sindrome metabolica
avevano una maggior riduzione del rischio
assoluto rispetto ai pazienti privi
di sindrome metabolica.
Trattamento della glicemia
E' stato chiaramente dimostrato che
la riduzione dei livelli di HbA1c riduce
il rischio di complicanze microvascolari
(retinopatia e nefropatia) e di neuropatia
nei pazienti affetti da diabete di tipo
1 e tipo 2. Per la natura multifattoriale
del rischio CVD nei pazienti diabetici,
è stato difficile dimostrare
un impatto dell'iperglicemia su tale
rischio. Diversi studi presentati all'ADA
hanno suggerito che vi sia un'associazione
tra i livelli di HbA1c e il rischio
CVD. In uno studio[38],
pazienti affetti da diabete di tipo
1 che erano stati trattati nel Diabetes
Control and Complications Trial (DCCT)
erano stati poi seguiti nello studio
Epidemiology of Diabetes Interventions
and Complications (EDIC). La calcificazione
coronarica è stata misurata in
1150 pazienti dopo 7-9 anni di follow-up
nell'EDIC. I pazienti trattati in maniera
intensiva nello studio DCCT presentavano
una calcificazione coronarica ridotta
rispetto a quelli del gruppo di trattamento
convenzionale. Un controllo glicemico
intensivo sembra quindi possedere un
beneficio duraturo sulla riduzione della
calcificazione coronarica.
Un altro studio condotto a Oslo (Norvegia)[39],
ha rivelato che le donne - ma non gli
uomini - affette da diabete di tipo
1 presentavano un'importante associazione
tra lo spessore medio intima-media dell'arteria
carotide comune e il livello di HbA1c
media dopo i 18 anni. In ultimo, una
meta-analisi della letteratura scientifica
riguardante i livelli di HbA1c e il
rischio CVD ha rivelato un rischio combinato
stimato per CVD di 1,24 per ogni variazione
incrementale dell'1% nel livello di
A1c[40].
Tiazolidinedioni
E' stato dimostrato che la classe dei
tiazolidinedioni (TZD), o glitazoni,
ha un importante impatto sulla riduzione
dei marker surrogati di rischio CVD
nei pazienti diabetici[41].
Molti studi presentati all'ADA hanno
misurato l'impatto del pioglitazone
o del rosiglitazone sui marker surrogati
di CVD. In uno studio condotto in Corea[42],
sono stati randomizzati pazienti affetti
da diabete di tipo 2 per ricevere placebo
o rosiglitazone dopo impianto di stent
per CAD. Sono stati seguiti cento pazienti.
A 6 mesi dal primo posizionamento di
uno stent è stata eseguita un'angiografia
di follow-up. La percentuale di ristenosi
dello stent era significativamente ridotta
nel gruppo trattato con rosiglitazone
rispetto a quello con placebo (12% vs.
47%), così come ridotti si presentarono
i livelli di proteina C-reattiva ad
alta sensibilità [hsCRP] e di
acidi grassi liberi [FFA]. Tali risultati
suggeriscono un effetto antiinfiammatorio
dei TZD, che può essere d'aiuto
nella riduzione di eventi CVD.
In una presentazione [43],
si è visto che il rosiglitazone
riduce i livelli dei marker vascolari/infiammatori
circolanti quali la proteina C-reattiva
ad alta sensibilità [hsCRP],
l'inibitore dell'attivatore del plasminogeno-1
(PAI-1), e la selectina-E in pazienti
diabetici e non, indipendentemente dai
suoi effetti di riduzione della glicemia.
Analogamente, è stato dimostrato
che il pioglitazone riduce i livelli
di hsCRP e migliora la velocità
dell'onda delle pulsazioni, marker della
distensibilità della parete arteriosa[44].Come
nel caso del rosiglitazone, questi risultati
erano indipendenti dagli effetti ipoglicemizzanti.
E' stato anche dimostrato che il pioglitazone
inibisce l'espressione della metalloproteinasi-1
della matrice nelle cellule della muscolatura
liscia vascolare, suggerendo che il
pioglitazone può bloccare la
migrazione delle cellule muscolari lisce
nelle lesioni aterosclerotiche, aiutando
la prevenzione dell'aterogenesi[45].
Conclusioni
I pazienti affetti da IGT e da diabete
di tipo 2 hanno un importante aumento
del rischio CVD. I dati presentati al
recente meeting ADA aiutano nella definizione
del rischio, in particolare nei pazienti
che presentano la sindrome metabolica,
e dei trattamenti efficaci. Sfortunatamente,
non viene realizzata né la prevenzione
primaria, né quella secondaria
di CVD[46];
solo il 27% dei pazienti affetti da
diabete e CVD riconosciuta raggiungono
i target lipidici desiderati, e solo
il 16,9% dei pazienti privi di CVD riconosciuta.
Le modificazioni dello stile di vita,
come mostrato nello studio DPP, sono
in grado di fornire benefici significativi.
Per molti pazienti sarà anche
necessario l'utilizzo di agenti atti
alla riduzione dei lipidi nonché
di agenti antiipertensivi. La maggior
parte dei soggetti a rischio dovrebbe
assumere aspirina quotidianamente. Nuovi
trattamenti per il diabete di tipo 2,
quali i tiazolidinedioni, possono offrire
importanti benefici cardiovascolari,
basandosi sui risultati preliminari
sui marker surrogati. Tuttavia, il loro
effetto complessivo sul rischio CVD
resterà ignoto fino al completamento
di vasti studi prospettici sui risultati
clinici in pazienti affetti da diabete
di tipo 2. Finché tali studi
non saranno portati a termine, sarà
necessario trattare i pazienti secondo
gli obiettivi utilizzando tutte le conoscenze
di cui si dispone per ridurre la glicemia,
la pressione arteriosa e i lipidi. Occorre
inoltre assicurarsi che i pazienti vengano
edotti sulla necessità di mantenere
un buon controllo di tutti gli aspetti
della loro patologia.
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2003; New Orleans, Louisiana.
Abstract 79-OR. |
32. |
The
Diabetes Prevention Program Research
Group. The effects of intensive
lifestyle intervention and metformin
on the incidence of metabolic
syndrome among participants in
the Diabetes Prevention Program.
Program and abstracts of the 63rd
Scientific Sessions of the American
Diabetes Association; June 13-17,
2003; New Orleans, Louisiana.
Abstract 250-OR. |
33. |
Wackers
F, Young L, Inzucchi S, Chyun
D, Davey J; The DIAD Investigators.
The prevalence of silent myocardial
ischemia in asymptomatic patients
with type 2 diabetes mellitus:
results of the DIAD study. Program
and abstracts of the 63rd Scientific
Sessions of the American Diabetes
Association; June 13-17, 2003;
New Orleans, Louisiana. Abstract
240-OR. |
34. |
Saad
M, Sampson J, Bertoni A, Liu K.
Subclinical cardiovascular disease
in impaired fasting glucose and
type 2 diabetes: the multi-ethnic
study of atherosclerosis (MESA).
Program and abstracts of the 63rd
Scientific Sessions of the American
Diabetes Association; June 13-17,
2003; New Orleans, Louisiana.
Abstract 241-OR. |
35. |
Simons
L, Tonkon M, Shah A, Maccubbin
D, Gumbiner B. Effects of ezetimibe
added to on-going statin therapy
on LDL-C goal attainment in high
risk hypercholesterolemic patients
with or without type 2 diabetes
mellitus. Program and abstracts
of the 63rd Scientific Sessions
of the American Diabetes Association;
June 13-17, 2003; New Orleans,
Louisiana. Abstract 572-P. |
36. |
Tonkon
M, Simons L, Lee M, Maccubbin
D, Gumbiner B. Effects of ezetimibe
added to ongoing statin therapy
on the lipid profile of hypercholesterolemic
patients with metabolic syndrome.
Program and abstracts of the 63rd
Scientific Sessions of the American
Diabetes Association; June 13-17,
2003; New Orleans, Louisiana.
Abstract 920-P. |
37. |
Pyorala
K, Ballantyne C, Lee M, et al.
Reduction of coronary events by
simvastatin in nondiabetic coronary
heart disease patients with and
without metabolic syndrome: subgroup
analyses of the Scandinavian simvastatin
survival study. Program and abstracts
of the 63rd Scientific Sessions
of the American Diabetes Association;
June 13-17, 2003; New Orleans,
Louisiana. Abstract 81-OR. |
38. |
Cleary
P, Orchard T, Zinman B, et al.
Coronary calcification in the
DCCT/EDIC cohort. Program and
abstracts of the 63rd Scientific
Sessions of the American Diabetes
Association; June 13-17, 2003;
New Orleans, Louisiana. Abstract
652-P. |
39. |
Larsen
J, Bergengen L, Sandvik L, et
al. Mean HbA1c during 18 years
predicts common carotid artery
intima-media thickness in women
with diabetes type 1. Program
and abstracts of the 63rd Scientific
Sessions of the American Diabetes
Association; June 13-17, 2003;
New Orleans, Louisiana. Abstract
687-P. |
40. |
Selvin
E, Marinopoulos S, Berkenblit
G, et al. Glycated hemoglobin
and cardiovascular disease in
diabetes: a systematic review.
Program and abstracts of the 63rd
Scientific Sessions of the American
Diabetes Association; June 13-17,
2003; New Orleans, Louisiana.
Abstract 710-P. |
41. |
Parulkar
AA, Pendergrass ML, Granda-Ayala
R, Lee TR, Fonseca VA. Nonhypoglycemic
effects of thiazolidinediones.
Ann Intern Med. 2001;134:61-71.
Abstract
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42. |
Choi
SH, Choi DH, Ko YK, et al. Preventive
effects of rosiglitazone on restenosis
after coronary stenting in patients
with type 2 diabetes. Program
and abstracts of the 63rd Scientific
Sessions of the American Diabetes
Association; June 13-17, 2003;
New Orleans, Louisiana. Abstract
82-OR. |
43. |
Chu
J, Abbasi F, Lamendola C, et al.
Improvements in vascular and inflammatory
markers in rosiglitazone-treated
insulin-resistant subjects are
independent of changes in insulin
sensitivity or glycemic control.
Program and abstracts of the 63rd
Scientific Sessions of the American
Diabetes Association; June 13-17,
2003; New Orleans, Louisiana.
Abstract 325-OR. |
44. |
Satoh
N, Ogawa Y, Yamada K, Kuzuya H,
Nakao K. Antiatherogenic effect
of thiazolidinediones in type
2 diabetic patients, mediated
via mechanisms distinct from its
antidiabetic effect. Program and
abstracts of the 63rd Scientific
Sessions of the American Diabetes
Association; June 13-17, 2003;
New Orleans, Louisiana. Abstract
568-P. |
45. |
Game
B, Maldonado A, Huang Y. Pioglitazone
inhibits oxidized LDL-stimulated
matrix metalloproteinase-1 expression
in human vascular smooth muscle
cells through a mitogen-activated
protein kinase-independent mechanism.
Program and abstracts of the 63rd
Scientific Sessions of the American
Diabetes Association; June 13-17,
2003; New Orleans, Louisiana.
Abstract 85-OR. |
46. |
Zgibor
J, Piatt G, Orchard T. Controlling
the "abc's" of diabetes:
How far do we have to go? Program
and abstracts of the 63rd Scientific
Sessions of the American Diabetes
Association; June 13-17, 2003;
New Orleans, Louisiana. Abstract
1173-P. |
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American
Diabetes Association. Standards
of medical care for patients with
diabetes mellitus. Diabetes Care.
2003;26:S33-S50. Abstract
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