<% %> Infodiabetes.it - Congresso ADA 2003
 




June 13 - 17, 2003, New Orleans, Louisiana

  Retinopatia diabetica
Hans-Peter Hammes, MD, PhD

 
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La retinopatia al centro degli studi clinici

L'occhio è stato scelto come sistema modello nella sessione riguardante le terapie future della patologia microvascolare associata al diabete[1] della 63ma Scientific Sessions dell'American Diabetes Association. Mentre altre aree target, quali la nefropatia e la neuropatia, hanno avuto i loro periodi di sviluppo sperimentale e clinico negli anni '80 e '90 del secolo scorso, ora è la retinopatia diabetica ad essere al centro degli studi clinici, a seguito del Diabetes Control and Complications Trial (DCCT) e dello United Kingdom Prospective Diabetes Study (UKPDS).
Entrambi questi studi hanno uniformemente dimostrato che un buon controllo glicemico può prevenire l'insorgenza (tipo 1) e la progressione (tipo 1 e tipo 2) della retinopatia diabetica, suggerendo che ogni paziente affetto da diabete dovrebbe sforzarsi di ottenere il miglior controllo glicemico possibile. Tuttavia, è anche importante notare come un vasto numero di pazienti non rientri negli obiettivi di controllo glicemico. La HbA1c media negli Stati Uniti d'America è superiore all'8%, mentre il target per la prevenzione delle complicanze è inferiore al 7%.

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Studi clinici in corso

Il Prof. Massimo Porta, dell'Università di Torino (Italia), ha operato una revisione degli studi clinici in corso, i cui risultati indicano ancora che, nonostante un miglior controllo glicemico e della pressione arteriosa, e la disponibilità del trattamento fotocoagulativo laser per i pazienti con retinopatia diabetica a rischio di cecità, ogni 90 minuti una persona affetta da diabete diventa cieca. Tuttavia, con un controllo intensivo, i pazienti con diabete di tipo 1 possono guadagnare 14 anni di vita senza retinopatia diabetica proliferante, e altri 8 anni senza maculopatia diabetica - entrambe condizioni che compromettono la vista.

Il Prof. Porta ha parlato dei problemi associati ai grandi studi sulla retinopatia diabetica, che comprendono i metodi di rilevazione e quantificazione delle lesioni, gli stadi d'intervento iniziale, la scelta degli endpoint e la durata dei trial. Non vi è ancora consenso su quale determinazione delle lesioni della retina costituisca il l'indice più appropriato, e gli studi conclusi fino ad ora hanno coinvolto un numero di pazienti estremamente variabile - andando da 350 (studio EUCLID [European Controlled Trial of Lisinopril in Insulin-dependent Diabetes], che testa il lisinopril nella progressione della retinopatia) a più di 3800 (l'UKPDS, che valuta gli effetti del controllo glicemico e della pressione arteriosa nei soggetti con diabete di tipo 2). Fino ad ora, il controllo della glicemia e dei valori pressori costituiscono le migliori strategie evidence-based nella prevenzione della retinopatia diabetica. La fotocoagulazione laser può ridurre il rischio di cecità, a seguito dello sviluppo di retinopatia proliferativa, dal 50% a meno del 2% in 5 anni, se la procedura viene effettuata in maniera tempestiva.

E' scontata la necessità di ulteriori studi in questo campo, perché i trattamenti disponibili non risolvono la retinopatia, possono provocare temporanei peggioramenti e possono avere effetti collaterali. La fotocoagulazione laser è per sua natura un trattamento distruttivo, non può restituire la vista persa, e non se ne conosce il meccanismo d'azione.

Vasti studi clinici in doppio cieco controllati con placebo sono in corso per verificare piccoli studi precedenti, i quali suggerivano che l'inibizione dell'asse GH-IGF1, nei pazienti con retinopatia diabetica stabilizzata non proliferante e proliferante iniziale, potrebbe produrre una regressione della patologia. Questi studi sono in corso sia in Europa sia negli Stati Uniti, e il reclutamento si è concluso. L'endpoint dello studio è il lasso di tempo necessario prima del trattamento laser, e i risultati dovrebbero essere disponibili entro i prossimi 2 anni.

Un altro studio sta valutando gli effetti delle statine (farmaci ipolipemizzanti) sulla retinopatia diabetica. Nel trial Early Treatment Diabetic Retinopathy Study (EDTRS) si sta utilizzando la fotografia del fundus su 7 campi per valutare l'incidenza e la progressione dell'edema maculare e della retinopatia diabetica in oltre 500 pazienti trattati con atorvastatina o placebo. Questo trial, che fa parte dello studio più generale denominato Atorvastatin Study for Prevention of Coronary Endpoints in NIDDM (ASPEN), sta tentando di valutare l'efficacia pratica delle statine basandosi sui risultati ottenuti in vitro e in vivo, che indicano un effetto endoteliotropico e antinfiammatorio di tale classe di farmaci.

Lo studio EUCLID aveva dimostrato, in un gruppo di pazienti normotesi e normoalbuminurici, efficacia nella prevenzione della progressione del 50% delle forme di retinopatia stabilizzata, e una prevenzione dell'80% nei confronti della progressione verso la retinopatia diabetica proliferante. Poiché non erano mancate le critiche a proposito del disegno dello studio, della valutazione delle lesioni, della durata, della significatività e dell'analisi degli endpoint, è stato recentemente intrapreso un nuovo trial utilizzando il candesartan cilexetil, antagonista del recettore 1 dell'angiotensina. Questo studio comprende 3 gruppi di pazienti con diversi tipi di malattia e di compenso. Ogni braccio di trattamento comprenderà più di 1200 pazienti, e il reclutamento di questo studio multicentrico sta procedendo bene.

Un altro studio è l'Action in Diabetes and Vascular Disease (ADVANCE) study, su pazienti affetti da diabete di tipo 2. Con un disegno dello studio 2 x 2, i pazienti sono trattati con una bassa dose fissa di una combinazione di perindopril-indapamide vs placebo, e con gliclazide per ottenere obiettivi di trattamento convenzionale o intensivo. Sono stati arruolati approssimativamente 10.000 pazienti per valutare, come indici di outcome primari, incidenza e progressione della retinopatia diabetica.

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Inibizione della PKC

A causa della mancanza relativa di trattamenti approvati per la retinopatia diabetica, la presentazione di Lloyd P. Aiello, MD (Joslin Diabetes Center and Harvard Medical School, Boston, Massachusetts, USA) sull'inibizione della PKC era attesa con ansia. Basandosi sui risultati sperimentali ottenuti presso il laboratorio di George L. King, MD, presidente della sessione (Joslin Diabetes Center and Harvard Medical School), che hanno identificato come sia l'isoforma beta della protein-kinasi C ad essere essenzialmente coinvolta nella patogenesi del danno microvascolare diabetico, sono stati iniziati diversi trial clinici dopo che un inibitore specifico della PKC-beta orale ha dimostrato efficacia nei confronti di parametri sperimentali quali la permeabilità retinica e l'angiogenesi. Il Dott. Aiello ha sottolineato il razionale dello studio tramite una review degli studi sperimentali in vitro e in vivo, che comprendono risultati ottenuti su animali transgenici con inattivazione o sovraespressione della PKC-beta. Studi di fase 1/B hanno dimostrato la sicurezza e la tollerabilità del ruboxistaurina (l'inibitore della PKC precedentemente noto come LY 333531).

E' recentemente terminato lo studio Protein Kinase C Diabetic Retinopathy Study (PKC-DRS). È uno studio multicentrico di fase 2/3 randomizzato, multidose (3 dosi a confronto con placebo). Obiettivo dello studio era rallentare la progressione della retinopatia diabetica non proliferante (RDNP) o la perdita della vista, comprendendo casi di RDNP da moderata a severa non trattati in precedenza per una retinopatia proliferante. Gli occhi sono stati analizzati a cadenza trimestrale, acquisendo fotografie retiniche ogni 6 mesi per un follow-up minimo di 36 mesi. Dei 617 pazienti arruolati, 252 sono stati assegnati al gruppo placebo. Il gruppo trattato assumeva 8, 16, o 32 mg di ruboxistaurina. L'endpoint primario era la progressione della retinopatia o la fotocoagulazione laser. Nonostante lo studio non abbia potuto dimostrare alcun effetto significativo su questi endpoint primari, si è osservata una riduzione del 32% del rischio (p=0,029) di perdita visiva moderata nei pazienti trattati con 32 mg di ruboxistaurina, rispetto al placebo. Nei pazienti che assumevano la massima dose di ruboxistaurina si è osservata anche la tendenza verso una riduzione di perdita visiva moderata persistente oltre 6 mesi. I pazienti con un grado di retinopatia peggiore all'inizio dello studio (livello RD=53) hanno ottenuto un beneficio maggiore dal dosaggio più elevato, rispetto ai pazienti con una retinopatia meno severa (livello RD=47). Anche i pazienti con un grado di maculopatia edematosa diabetica più severo all'ingresso hanno ottenuto un beneficio maggiore dal trattamento ad alte dosi con ruboxistaurina, in termini di perdita visiva moderata persistente.

Riepilogando, nonostante lo studio non abbia raggiunto un risultato statisticamente significativo in termini di endpoint primari (progressione della RD o trattamento fotocoagulativo focale), ha dimostrato la tendenza verso un effetto positivo sulla perdita visiva moderata. I risultati iniziali del trial clinico suggeriscono pertanto che gli inibitori della PKC sono sicuri e possono essere ben tollerati negli esseri umani, potendo esercitare un effetto positivo nella prevenzione della perdita del visus nella retinopatia diabetica. La reale efficacia dell'inibitore della PKC, nonché i pazienti responsivi al trattamento, dovranno comunque essere chiariti da successivi studi clinici.

I risultati del più vasto studio Protein Kinase C Diabetic Macular Edema Study (PKC-DMES) saranno presentati al congresso di Parigi dell'International Diabetes Federation, alla fine del prossimo agosto. In questo studio, 686 soggetti sono stati randomizzati al trattamento fino a 32 mg di ruboxistaurina con un follow-up minimo di 30 mesi, per rallentare o annullare la progressione dell'edema maculare diabetico in pazienti con RDNP da lieve a moderata, senza precedente trattamento laser.

Il ruolo dell'aldoso reduttasi


Il Dott. Peter F. Kador (National Eye Institute, National Institutes of Health, Bethesda, Maryland), in una panoramica conclusiva, ha riassunto i dati sul ruolo dell'aldoso reduttasi nella patogenesi della retinopatia diabetica. Questo meccanismo è stato oggetto di discussione per molti anni, portando a uno studio clinico con un inibitore dell'aldoso reduttasi effettuato all'inizio degli anni '90. I risultati furono tuttavia deludenti. Nuove scoperte riguardanti il ruolo di polimorfismi genetici del gene dell'aldoso reduttasi nel rischio di retinopatia diabetica, e i progressi nella comprensione dell'inibizione chimica dell'attività dell'aldoso reduttasi, hanno incoraggiato nuovi studi sulle potenzialità dell'inibizione della via enzimatica come trattamento delle complicanze microvascolari diabetiche, compresa la retinopatia.

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Il ruolo dello stress ossidativo

In una sessione sul ruolo dello stress ossidativo nella patogenesi del danno vascolare diabetico[2], quattro relatori hanno compiuto una retrospettiva sulle conoscenze attuali in questo campo, concentrandosi specificamente sulla poliADP riboso polimerasi (Csaba Szabo, MD), sullo stress ossidativo nella neuropatia diabetica (Irina Obrosova, MD), sullo stress ossidativo e i meccanismi associati nella retinopatia (Hans-Peter Hammes, MD) e sullo stress ossidativo e la formazione degli AGE nella nefropatia diabetica (Toshio Miyata, MD).

Inel relativo simposio si è commentata la discrepanza tra la forte evidenza dei dati ottenuti in vitro e in modelli sperimentali preclinici sull'impatto dello stress ossidativo nelle modificazioni biochimiche e biologiche cellulari nel tessuto diabetico e l'insuccesso degli studi clinici effettuati con antiossidanti nel migliorare la patologia vascolare diabetica. Tutti i relatori hanno sottolineato la necessità di comprendere quali siano le risposte biologiche dello stress ossidativo tessuto-specifico, e l'incapacità degli antiossidanti attuali a esercitare un effetto significativo.

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Presentazioni poster


Tra i risultati presentati durante la sessione poster, sono stati selezionati i seguenti:

Inibizione della PARP


Il gruppo di Timothy Kern (Cleveland, Ohio) ha presentato dati sperimentali sull'utilizzo di inibitori della poli (ADP-riboso) polimerasi 1 (PARP)[3], coinvolta nel danno delle cellule endoteliali. Sono stati utilizzati gruppi di ratti diabetici con durata di malattia compresa tra 2 settimane e 2 mesi, con o senza trattamento con l'inibitore specifico della PARP PJ34, valutando l'elettroretinogramma, l'espressione della molecola di adesione ICAM-1 e indici di adesione leucocitaria e di morte di cellule capillari. Gli esperimenti in vitro a breve termine hanno rivelato un'inibizione significativa da parte dell'inibitore della PARP della morte cellulare indotta dall'iperglicemia. L'attività della PARP era aumentata nella retina diabetica, in particolare nelle cellule endoteliali e nei periciti. Il PJ34 ha inibito la sovraespressione delle ICAM-1, le anomalie funzionali retiniche indotte dal diabete e la stasi leucocitaria nei vasi retinici. Tali dati suggeriscono un ruolo promettente degli inibitori della PARP, potendo correggere diverse importanti vie fisiopatologiche associate al danno capillare nella retina diabetica.

Attivazione della isoforma PKC-beta2 e modificazioni retiniche

Il Dott. George King e coll.[4] hanno analizzato topi con sovraespressione dell'isoforma PKC-beta2, che si ritiene svolga un ruolo importante nello sviluppo della retinopatia diabetica, sotto il controllo del promoter vascolare-specifico preproET-1. Il transgene era espresso abbondantemente nelle cellule endoteliali. Come conseguenza, il tempo medio di circolo, prolungato di circa il 40% negli animali diabetici wild-type, era prolungato del doppio (84%), potendo essere completamente normalizzato mediante la somministrazione dell'inibitore della PKC-beta2 ruboxistaurina. Sono stati osservati spandimenti venosi e lesioni aneurismatiche nel 40% dei topi transgenici non diabetici in tutti i distretti vascolari della retina (arteriole, venule, capillari). I topi transgenici diabetici dimostravano un fenotipo di retinopatia accelerata, mentre i topi diabetici wild-type non sviluppavano tali lesioni per un periodo di 6 mesi dalla comparsa del diabete. Tali osservazioni ipotizzano un importante ruolo dell'attivazione della PKC-beta2 nello
sviluppo delle modificazioni precoci della retina nel soggetto diabetico.

Retinopatia clinica

Si ritiene comunemente che ogni soggetto affetto da molto tempo da diabete mellito di tipo 1 sviluppi un certo grado di patologia microvascolare o macrovascolare con il passare degli anni. Questa opinione è stata oggetto di analisi prendendo in considerazione un gruppo unico - i vincitori della Joslin Diabetes Center 50-Year Medal, un premio consegnato ai pazienti affetti da diabete di tipo 1 da 50 anni. È stato inviato un questionario a 504 soggetti che avevano ricevuto la medaglia, e 322 hanno risposto[5]. L'età media del gruppo era di 69±8 anni, la durata del diabete di 57±7 anni, e il 63% erano di sesso femminile. Solamente il 9% di questi pazienti di lungo corso riferivano nefropatia, mentre il 42% sosteneva di essere cardiopatico. Il 39% dei pazienti era stato sottoposto a trattamento laser, e il 16% a intervento per cataratta. Come indice di raggruppamento, i pazienti che riferivano la presenza di retinopatia avevano una probabilità di 1,6 volte superiore di avere una patologia cardiovascolare, e di 2,2 volte superiore di nefropatia.

È importante notare come il 28% dei soggetti si sia dichiarato completamente esente da complicanze. Queste persone avevano una probabilità di 2,7 volte superiore di riferire un eccellente compenso glicemico, rispetto a un compenso meno buono. Nonostante ciò, il 78% dei pazienti liberi da complicanze non riferivano un controllo eccellente.

Tali dati riguardanti pazienti affetti da diabete di tipo 1 da lungo tempo indicano che coloro che non sono affetti da nefropatia hanno la maggior probabilità di sopravvivenza a lungo termine, e che la sopravvivenza senza complicanze si associa spesso a un compenso glicemico non eccellente, il ché implica l'importanza di una costellazione di fattori genetici protettivi.

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Bibliografia di riferimento

1.   Kador PF, Aiello LP, Porta M, Wilkinson CP. Symposium: Future therapies for diabetic microvascular disease: the eye as a model. Program and abstracts of the 63rd Scientific Sessions of the American Diabetes Association; June 13-17, 2003; New Orleans, Louisiana.
2.   Szabo C, Obrosova I, Hammes H-P, Miyata T. Oxidative stress and downstream mechanisms in microvascular complications. Program and abstracts of the 63rd Scientific Sessions of the American Diabetes Association; June 13-17, 2003; New Orleans, Louisiana.
3.   Zheng L, Peachey N, Szabo, Kern T. PARP inhibitor corrects diabetes-induced alterations in retinal function and leukostasis. Program and abstracts of the 63rd Scientific Sessions of the American Diabetes Association; June 13-17, 2003; New Orleans, Louisiana. Abstract 881-P.
4.   Yasuda Y, Clermont A, Takahara N, Takahaski J, King G. Characterization of retinal abnormalities in vascular targeted overexpression of PKC beta2 isoform transgenic mice. Program and abstracts of the 63rd Scientific Sessions of the American Diabetes Association; June 13-17, 2003; New Orleans, Louisiana. Abstract 879-P.
5.   Goddard L, Wong K, Bashan A, Doria A, King G. Complication-free subjects after more than 50 years of type 1 diabetes mellitus. Program and abstracts of the 63rd Scientific Sessions of the American Diabetes Association; June 13-17, 2003; New Orleans, Louisiana. Abstract 796-P.

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