18th International Diabetes Federation Congress
   
Paris, France, 24-29 agosto 2003
 

Implicazioni cliniche della sindrome metabolica
di Anne Peters Harmel, MD, e Daniel N. Berger, MD

Aggiornamenti dal Congresso IDF 2003
 

 
  Diagnosi
Nella pratica clinica è importante disporre di un metodo agevole per porre diagnosi di insulino-resistenza, al fine di anticipare gli interventi volti a ridurre le complicanze cardiovascolari; il clamp euglicemico iperinsulinemico, gold standard nella ricerca clinica, non può essere utilizzato a questo scopo.

L'algoritmo IRIS II [1], che determina uno score di insulino-resistenza sulla base di BMI, glicemia, trigliceridemia a digiuno e livelli di colesterolo HDL, è stato valutato su 4265 soggetti affetti da diabete di tipo 2. I risultati hanno rilevato una buona correlazione con altri modelli di valutazione di insulino-resistenza (come l'HOMA) in termini di predittività di complicanze vascolari. Il breath test con 13C-glucosio, che richiede campioni respiratori basali e a 90 minuti, valutato su 26 soggetti [2], ha fornito risultati migliori rispetto all'HOMA nel confronto con il clamp euglicemico iperinsulinemico.

Rischio cardiovascolare
Desta sempre maggior interesse la valutazione del rischio cardiovascolare nello stato di insulino-resistenza che precede la comparsa di iperglicemia conclamata. Il Dott. Steven Haffner (San Antonio, Texas, USA) ha riassunto i dati in suo possesso [3]. Tra i soggetti pre-diabetici, quelli affetti da maggior insulino-resistenza presentano, a parità di glicemia, un numero maggiore di fattori di rischio cardiovascolare (ad es. ipertrigliceridemia, bassi livelli di HDL-C). Ha presentato, inoltre, i risultati di un lavoro in corso di pubblicazione (Insulin Resistance and Atherosclerosis Study), che dimostrano come i soggetti pre-diabetici insulino-resistenti presentino livelli più elevati di marker d'infiammazione subclinica, come l'inibitore dell'attivatore del plasminogeno-1 (PAI-1) e la proteina C-reattiva (PCR).

Anche in uno studio tedesco, condotto su 592 soggetti ad elevato rischio macrovascolare seguiti per 5 anni (il 53,2% dei quali diabetico), la PCR è risultata il fattore predittivo di rischio di mortalità più importante [4], mentre in uno studio di popolazione svedese condotto su soggetti settantenni si è rilevato come la proinsulina, in quanto indice di insulino-resistenza, rappresenti un fattore predittivo indipendente di patologia cardiovascolare [5]. I risultati di un'analisi prospettica multicentrica europea, che ha valutato 5356 donne e 6156 uomini non affetti da diabete (età compresa tra 30 e 89 anni), indicano una prevalenza di sindrome metabolica del 15,7% tra gli uomini e del 14,2% tra le donne [6]. La presenza della sindrome ha conferito un rischio di mortalità complessiva per tutte le cause di 2,03 tra gli uomini e di 2,48 tra le donne, rispetto ai soggetti che ne sono privi, dopo aggiustamento per i fattori confondenti. I risultati di uno studio ucraino, infine, indicano come la sindrome metabolica (basata sulla presenza contemporanea di almeno 3 criteri dell'ATP-III) sia presente nel 49,2% dei soggetti affetti da coronaropatia nota (confermata coronarograficamente), e nel 23,7% dei soggetti senza coronaropatie [7].

Adiponectina
L'adiponectina, una proteina simil-collagenica prodotta esclusivamente dal tessuto adiposo differenziato [8], è ridotta in diverse condizioni di insulino-resistenza, quali il diabete di tipo 2, l'obesità e le dislipidemie [9,10]. È stato pertanto ipotizzato che l'adiponectina possieda proprietà insulino-sensibilizzanti, e che livelli aumentati di essa abbiano un effetto di cardioprotezione [11]. Sono quindi allo studio interventi volti ad aumentarne i livelli circolanti. In uno studio giapponese è stata individuata una correlazione negativa con l'intervallo QT corretto per la frequenza cardiaca (QTc), all'ECG, che è considerato un marker di aterosclerosi subclinica, di mortalità cardiovascolare e un parametro correlato allo spessore intimale carotideo [12]. In un altro studio, gli autori hanno rilevato un importante aumento dei livelli di adiponectina successivamente a calo ponderale ottenuto con bendaggio gastrico [13].

Glitazoni
In attesa di dati sugli effetti dei tiazolidinedioni (TZD) sugli outcome cardiovascolari principali, diversi lavori presentati al convegno hanno dimostrato effetti positivi dei farmaci di questa classe sui marker surrogati.

Si è osservato che Il pioglitazone aumenta di tre volte i livelli di adiponectina, riducendo il contenuto adiposo epatico [14], mentre il rosiglitazone è stato descritto aumentare i livelli di adiponectina e ridurre, nel diabete di tipo 2, i livelli di acidi grassi liberi circolanti (FFA) e di PAI-1 [15]. In un vasto studio multicentrico europeo, il pioglitazone avrebbe inoltre dimostrato un effetto favorevole aumentando le dimensioni delle LDL [16].
Uno studio americano ha rilevato, in uno studio che ha coinvolto 51 soggetti, una riduzione precoce e duratura dei livelli di PCR e un effetto positivo su quelli di omocisteina determinato dal rosiglitazone, indipendentemente dal compenso glicemico [17]. Un altro studio, giapponese, ha dimostrato similmente effetti positivi determinati dal pioglitazone su PCR e adiponectina, indipendenti dalla riduzione dell'HbA1c [18].

Ricercatori di Los Angeles, inoltre, hanno rilevato la riduzione di incidenza di diabete di tipo 2 in una popolazione ad elevato rischio di svilupparlo, affetta precedentemente da diabete gestazionale, mediante impiego della molecola capostipite, il troglitazone [19]. L'effetto sarebbe determinato da un ruolo protettivo durevole sulla funzione beta-cellulare.

Infine, il Dott. David Bell (Birmingham, Alabama, USA) ha presentato i risultati di un follow-up a 5 anni di diabetici in terapia di associazione con glitazoni dopo fallimento con metformina e sulfoniluree [20], nel quale il 63% dei pazienti ha potuto raggiungere un buon compenso glicemico (HbA1C = 7,1±0,4%), con un incremento dei livelli di c-peptide dopo stimolo.

Altri trattamenti
L'utilizzo di fenofibrato (agonista dei recettori PPAR-alfa) consentirebbe, anch'esso, la riduzione dei livelli di PCR, fibrinogeno e acido urico, indipendentemente dalla presenza o meno di diabete; la molecola potrebbe svolgere un effetto positivo sulla resistenza insulinica, specie nei pazienti dislipidemici [21]. L'aggiunta di ezetimibe ad un trattamento con statine consentirebbe una riduzione ulteriore dei livelli di colesterolo LDL in pazienti affetti da sindrome metabolica [22].

Uno studio bulgaro ha rilevato una correlazione positiva tra consumo di grassi animali e sviluppo di diabete di tipo 2 [23], mentre colleghi italiani hanno documentato gli effetti protettivi dell'assunzione di una moderata quantità di alcolici sui livelli di FFA e sull'insulino-sensibilità [24].

Sviluppi futuri
Molte sono le molecole in via di sviluppo apparentemente promettenti nel trattamento dell'insulino-resistenza e, di conseguenza, della patologia cardiovascolare. Quelle in fase più avanzata sono gli agonisti sia dei recettori alfa, sia di quelli gamma dei PPAR. Il tesaglitazar, valutato su 390 soggetti insulino-resistenti non diabetici per un periodo di 12 settimane, ha determinato una riduzione dose-dipendente dei livelli di trigliceridi, colesterolo totale e FFA, così come di quelli di insulinemia e glicemia basali, aumentando nel 79% dei casi le dimensioni delle HDL e delle LDL [25].

Sono stati infine presentati dal Dott. Jim McCormack nuovi farmaci in fase di sviluppo che contrasterebbero l'insulino-resistenza più "a valle", quali gli attivatori diretti della tirosina kinasi, gli inibitori della proteina tirosina fosfatasi 1 B e gli inibitori della 11 beta-idrossisteroridodeidrogenasi 1 [26].

Bibliografia di riferimento

  1. Langenfeld M, Pfutzner A, Standl E, et al. The new insulin resistance score IRIS II - comparison to HOMA score and intravenous glucose tolerance test for the estimation of insulin resistance in type 2 diabetic patients. Presented at the 18th International Diabetes Federation Congress; August 24-29, 2003; Paris, France. Poster 1680.
  2. Lewanczuk RZ, Paty B, Toth EL. Correlation of 13C-glucose breath test with the hyperinsulinemic, euglycemic clamp in the diagnosis of insulin resistance. Poster 1708.
  3. Haffner SM. Interaction between diabetes and other risk factors. Symposium: Specificities of diabetic vascular disease. Presented at the 18th International Diabetes Federation Congress; August 24-29, 2003; Paris, France.
  4. Linnemann B, Voigt W, Nobel W, Mathies R, Janka HU. C-reactive protein is a strong independent predictor of death: association with multiple facets of the metabolic syndrome. Presented at the 18th International Diabetes Federation Congress; August 24-29, 2003; Paris, France. Abstract 63.
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  25. Fagerberg B, Edwards S, Halmos T, et al. Tesaglitazar (Galida) improves the metabolic abnormalities associated with insulin resistance in a nondiabetic population. Presented at the 18th International Diabetes Federation Congress; August 24-29, 2003; Paris, France. Abstract 175.
  26. McCormack J. New approaches to treat insulin resistance. In Symposium: Targeting Insulin Resistance and Defective Insulin Secretion. Presented at the 18th International Diabetes Federation Congress; August 24-29, 2003; Paris, France.
 
     
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