18th International Diabetes Federation Congress

   
Paris, France, 24-29 agosto 2003
 

La cute: una finestra per lo studio della neuropatia diabetica
di Aaron I. Vinik, MD, PhD
 

 
 

In rivolta verso le conoscenze tradizionali
Il 18° Congresso dell'IDF e il 13° Meeting annuale del Gruppo di studio sulla Neuropatia Diabetica della European Association for the Study of Diabetes (EASD) si sono svolti insieme con il 6° Simposio satellite sulla Neuropatia Diabetica a St. Malo, sulle coste della Bretagna.

Gli studi sulla patogenesi della neuropatia diabetica sono stati tradizionalmente di tipo elettrofisiologico; queste indagini non hanno permesso di spiegare molte osservazioni cliniche di comune riscontro per i diabetologi. La velocità di conduzione nervosa dipende dalla presenza del rivestimento mielinico, similmente a quanto accade alla guaina che riveste il cavo di rame delle trasmissioni telefoniche, ed è amplificata dalla presenza dei nodi di Ranvier; le fibre nervose deputate alla percezione termica del calore, a quella dolorifica e alle funzioni involontarie sono sottili, amieliniche, di tipo C, la cui conduzione, relativamente lenta, non viene riflessa nei test elettrofisiologici standard. I pazienti che presentano bruciore ai piedi o alla mani, portatori di un disturbo delle piccole fibre, vengono spesso etichettati come "neurotici", poiché il loro disturbo non è rilevabile con i comuni test elettrofisiologici.

L'epidermide: una finestra sulla neuropatia
Come analizzare le caratteristiche sottostanti la neuropatia? Esattamente come avviene per l'oftalmoscopia, che offre a chi ha buona esperienza una finestra di accesso agevole allo studio della vascolarizzazione, l'epidermide può essere sottoposta a piccole biopsie (con una pinza di 3 mm), che permettono di osservare le piccole e fragili fibre amieliniche, rami del plesso neurovascolare dermico.

McCarthy, uno studente di Medicina della Johns Hopkins University (Baltimora, Maryland, USA), ha sviluppato una tecnica immunoistochimica mediante anticorpi rivolti contro l'antigene ubiquitina idrolasi (noto anche come PGP9.5), che ha consentito di superare le difficoltà di visualizzazione di queste fibre [1]. Con questa tecnica è possibile visualizzare numero, concentrazione e lunghezza di ogni ramo dendritico a partenza dalla fibra nervosa.

Il Dott. Michael Polydefkis (Dipartimento di Neurologia della Johns Hopkins University) ha presentato alla Lettura sullo Stato dell'Arte [2] le conclusioni di suoi lunghi studi che dimostrano come esista un'enorme variabilità interindividuale tra diversi soggetti, anche sani, in termini di misurazione dendritica, ma che ogni paziente presenta valori riproducibili nelle diverse aree campionate. In pazienti sottoposti a biopsie ripetute nella stessa zona ha rilevato una notevole riproducibilità dei risultati. Egli ha inoltre dimostrato come i ricercatori dispongano di un nuovo strumento, un "coltello chimico" noto con il nome di capsaicina, un estratto del "chili pepper". È di esperienza comune osservare come l'ingestione di piatti molto piccanti, contenenti chili o pepe di caienna, determini nel consumatore abituale una certa assuefazione, che fa sì che occorrano quantità di spezie sempre maggiori per avvertire il caratteristico bruciore. Ora sappiamo che il coltello chimico ha effettivamente reciso le fibre C deputate alla sensazione di bruciore.

Allo scopo di osservare se queste fibre potessero guarire, egli ha effettuato biopsie ripetute, rilevando una rigenerazione nervosa cutanea che inizia entro qualche settimana dal danno. Analizzando la velocità di ricrescita ha osservato come questa rigenerazione sia rallentata in modo considerevole nei soggetti diabetici. Questi studi forniscono un metodo per osservare gli effetti di diversi interventi volti a modificare la rigenerazione nervosa nei diabetici.

Il Dott. Vinik e coll. [3] hanno sottoposto a biopsia 4 aree cutanee prima e dopo somministrazione di topiramato, osservando la ricomparsa di fibre nervose nello spazio intraepidermico, con un incremento della densità e della lunghezza dendritica, accompagnati da un miglioramento della sintomatologia (riduzione del dolore, miglioramento della soglia di sensibilità termica e dolorifica). Questa rappresenta la prima evidenza di una rigenerazione nervosa nel diabete legata a un qualsiasi trattamento, e provocherà probabilmente una ricerca multicentrica su vasta scala volta a confermare o smentire queste osservazioni preliminari.

Ulteriori conferme al fatto che la neuropatia dolorosa sia dovuta alla perdita di queste fibre nocicettive provengono da uno studio condotto in Australia su soggetti affetti da neuropatia, dolorosa e non [4]. La neuropatia dolorosa è risultata associata a una riduzione della densità delle fibre nervose intraepidermiche, proporzionale alla severità della sintomatologia. Tutto questo, in assenza di dati di neuropatia evidente.

Quattrini e coll. [5] si sono spinti oltre osservando una compromissione della reattività vascolare nei pazienti con neuropatia dolorosa e una riduzione dell'angiogenesi del plesso vascolare subepidermico, nonostante gli inutili tentativi di aumentare la sintesi del fattore di crescita endoteliale vascolare.

Storia naturale della neuropatia diabetica
La storia naturale della neuropatia diabetica sembra farsi più chiara; pare che alcuni pazienti diabetici presentino una predisposizione genetica, in termini di suscettibilità alla neuropatia, che li rende più sensibili allo sviluppo della complicanza, nonostante talvolta un buon compenso glicemico.

Sundkvist e coll. [6] hanno presentato dei dati a favore di una relazione tra severità della neuropatia clinica e il polimorfismo del gene dell'aldoso reduttasi 2 (ALR-2). Sivenius e coll. [7] (Kuopio, Finlandia), hanno identificato altri due polimorfismi di questo gene, in aggiunta ai 2 noti, che possono avere un ruolo nello sviluppo della neuropatia diabetica.

Il Dott. Nosikov e coll.[8], che già l'altr'anno aveva tenuto una relazione (nell'ambito del 12° Annual Scientific Meeting of the Diabetic Neuropathy Study Group, a Baltonfured, Ungheria) nella quale ipotizzava un ruolo del polimorfismo dei geni codificanti per prodotti coinvolti nella riduzione dello stress ossidativo nella patogenesi della polineuropatia diabetica, ha presentato dati, ottenuti in collaborazione con il Dott. Ziegler (Düsseldorf, Germania) che rafforzano l'ipotesi di un ruolo causale di un aumento dello stress ossidativo. La selezione di pazienti sulla base della genotipizzazione per il gene superossido dismutasi 3 (SOD 3) potrebbe contribuire a identificare i soggetti maggiormente suscettibili ai benefici di trattamenti sperimentali, evidenziando i risultati di studi anche di piccole dimensioni, ma di buona qualità, nel confronto con placebo, o coloro che sono predisposti a sviluppare una neuropatia rapidamente progressiva.

L'incapacità di identificare una neuropatia in fase precoce resta un problema. Nel Goal A1C Study, che si propone di arruolare 14.000 soggetti, l'88% dei pazienti è in cura dal medico di medicina generale, e il 12% da un endocrinologo. I medici curanti dovranno valutare la presenza di neuropatia mediante test con monofilamento. In un abstract presentato al meeting dell'IDF, nel quale si valutava il riscontro di neuropatia nello studio, fino ad ora, da parte dei medici [9], medici di medicina generale ed endocrinologi hanno correttamente escluso la presenza di neuropatia nel 95% dei casi tra i primi 3653 soggetti arruolati, ma hanno diagnosticato la neuropatia (il 65% delle volte gli endocrinologi, il 75% i medici di base) quando già era severa (perdita di sensibilità al monofilamento da 5,07-gauge), e solo nel 30% e 35% dei casi, rispettivamente, quando questa era lieve (sensibilità alla superficie plantare del I dito del piede conservata con il monofilamento da 5,07 e persa con quello da 3,61).

Una maggior preparazione da parte dei medici nei confronti della neuropatia (e specialmente di quella delle fibre C) sarebbe indispensabile, anche in considerazione dei costi. Secondo i dati presentati dal Dott. Shearer e coll. [10], relativi al 2001, i costi legati alla neuropatia sarebbero di 1,3 miliardi di dollari per il diabete di tipo 1, e di 17,5 miliardi per il diabete di tipo 2. Poiché la neuropatia colpisce il 59% dei diabetici di tipo 1 e il 49% di quelli di tipo 2, il ruolo della diagnosi precoce sembra rilevante.

In un editoriale comparso su Lancet nel 1994 si affermava che tutto quel che potevamo fare per la neuropatia era la diagnosi, e poi commiserare il paziente. Nel 2003, dobbiamo riconoscere di aver compiuto passi importanti nella comprensione della patologia, di aver scoperto nuove finestre per il suo riconoscimento e di avere la possibilità di curarla. Se vogliamo arrestare l'escalation universale dei costi legati alle amputazioni e al danno delle fibre C, tutti i tentativi volti ad attenuare la sintomatologia dolorosa mediante la riduzione della trasmissione degli impulsi verso il sistema nervoso centrale, come quelli effettuati dalla maggior parte dei trattamenti attuali, sono antitetici alla nozione per la quale il sollievo definitivo del dolore neuropatico dovrebbe essere ottenuto mediante trattamenti che ripristinino l'integrità delle fibre C.

Bibliografia d iriferimento

•  McCarthy BG, Hsieh ST, Stocks A. Cutaneous innervation in sensory neuropathies: evaluation by skin biopsy. Neurology. 1995;45:1848-1855.

•  Polydefkis M. State of the Art Lecture: Skin biopsies in the assessment of nerve function. Presented at the 6th Diabetic Neuropathy Satellite Symposium; August 30-September 2, 2003; St. Malo, France.

•  Vinik A, Pittenger G, Burcus N, et al. Neuroprotective effects of novel neurotherapeutic topiramate in diabetes patients. Presented at the 18th International Diabetes Federation Congress; August 24-29, 2003; Paris, France. Abstract 918.

•  Sorensen L, Liu D, Molyneaux L, Spies J, Yue D. Loss of epidermal small nerve fibers reflects severity of neuropathic pain. Presented at the 18th International Diabetes Federation Congress; August 24-29, 2003, Paris, France. Abstract 200.

•  Quattrini C, Jeriorska M, Gawkrodger D, Tesfaye S, Malik R. Dermal nerve depletion and angiogenesis in diabetic neuropathy. Presented at the 18th International Diabetes Federation Congress; August 24-29, 2003; Paris, France. Abstract 199.

•  Sundkvist G. Aldose reductase gene polymorphisms and diabetic polyneuropathy. Presented at the 12th Annual Scientific Meeting of the Diabetic Neuropathy Study Group of the European Association for the Study of Diabetes; August 29-31, 2002.; Baltonfured, Hungary.

•  Silvenius K, Partanen J, Niskanen L, Laakso M, Uusitupa M. Aldose reductase gene polymorphisms and peripheral nerve function in type 2 diabetes patients. Presented at the 18th International Diabetes Federation Congress; August 24-29, 2003, Paris, France. Abstract 907.

•  Nosikov VV. A mutation in an antioxidant gene predicts the onset and progression of diabetic polyneuropathy. Presented at the 12th Annual Scientific Meeting of the Diabetic Neuropathy Study Group of the European Association for the Study of Diabetes. Baltonfured, Hungary. August 29-31, 2002.

•  Herman WH, Kennedy L, for the GOAL A1C Study Group. Physician perception of neuropathy in a large type 2 diabetes population (GOAL A1C study) confirms underdiagnosis of neuropathy in everyday clinical practice. Presented at the 18th International Diabetes Federation Congress; August 24-29, 2003; Paris, France. Abstract 198.

•  Gordois A, Scuffham P, Shearer A, Oglesby A, Tobian JA. The health care costs of diabetic peripheral neuropathy in the US. Diabetes Care. 2003;26:1790-1795.

 

 
     
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