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26
agosto
Il mondo
di fronte alla catastrofe diabetica: un
impatto potenzialmente superiore a quello
dell'AIDS
di Emelia Sithole
26 agosto 2003 (Medscape) - Più
di 300 milioni di persone, in tutto il mondo,
sono a rischio di sviluppare il diabete,
e l'impatto economico in alcuni tra i paesi
colpiti più duramente potrebbe rivelarsi
superiore a quello della pandemia di AIDS,
hanno ammonito lunedì gli esperti
di diabete. Secondo i dati di una relazione
tenuta nell'ambito del congresso dell'International
Diabetes Federation, a Parigi, le stime
degli esperti riguardo i costi sanitari
annuali per il diabete in tutto il mondo,
per le persone di età compresa tra
20 e 79 anni, raggiungono già i 153
miliardi di dollari. Secondo il resoconto
del Diabetes Atlas, per il 2025, la spesa
sanitaria diretta totale mondiale, per questa
patologia, sarà compresa tra 213
e 396 miliardi di dollari, se sono corrette
le stime secondo le quali il numero di soggetti
affetti da diabete salirà, per il
2025, dai 194 milioni di persone attuali
a 333 milioni.
"In alcuni paesi a incidenza particolarmente
elevata, il diabete possiede un impatto
economico superiore all'AIDS" ha affermato
Williams Rhys, professore di Epidemiologia
Clinica presso la University of Wales, durante
una conferenza stampa. Ci si aspetta oltre
il 75% dei casi di diabete, per il 2025,
nelle nazioni in via di sviluppo, a causa
dei rapidi cambiamenti culturali e sociali
e dell'urbanizzazione crescente. Si prevede
che ciò graverà ulteriormente
su sistemi sanitari già messi a dura
prova dalla pandemia di AIDS.
Paul Zimmet, direttore della Fondazione
dell'International Diabetes Institute, ha
affermato che "il diabete rappresenterà
nei primi vent'anni del secolo attuale quello
che l'AIDS è stato negli ultimi 20
anni del ventesimo secolo". Zimmet
e altri esperti sostengono che l'epidemia
di diabete sarà alimentata dai 314
milioni di persone che si stima siano affetti
da alterata tolleranza al glucosio (impaired
glucose tolerance, IGT), ad alto rischio
di sviluppare il diabete di tipo 2. Essi
avvertono anche come l'incidenza del diabete
di tipo 2, in molti paesi, sia aumentata
nei bambini e negli adolescenti parallelamente
all'incremento dell'obesità. Hanno
esortato le aziende del comparto alimentare
- specialmente quelle produttrici di cibi
pronti - a produrre alimenti più
sani, e gli amministratori pubblici a organizzare
campagne nazionali per combattere il diabete.
"Non stiamo andando al passo con i
tempi" ha ammonito durante una conferenza
stampa Pierre Lefebvre, Presidente eletto
dell'IDF. E ha concluso: "Se non intraprenderemo
ora delle azioni efficaci per arrestare
l'aumento del diabete, vi è il rischio
significativo che i governi e i sistemi
per la sicurezza sociale possano non riuscire
a garantire le cure appropriate ai milioni
di persone che saranno affette da diabete
nel 2025".
L'exenatide controlla
il diabete di tipo 2 refrattario e riduce
il peso
26 agosto 2003 (Medscape) - Il farmaco
sperimentale antidiabetico exenatide, oltre
a controllare la glicemia dei soggetti affetti
da diabete di tipo 2, ne riduce il peso
corporeo, secondo quanto affermato dalle
due aziende produttrici che hanno reso pubblici
nuovi risultati sull'efficacia dell'exenatide
proprio durante il 18° Congresso parigino
dell'International Diabetes Federation.
Il farmaco, di derivazione dalla saliva
di una lucertola nota come Gila monster,
è il primo di una nuova classe terapeutica
per il diabete di tipo 2, e dovrebbe essere
sottoposto alle autorità competenti
per le autorizzazioni relative nel 2004.
Poiché il Gila monster, lucertola
che vive nel deserto dell'Arizona, mangia
solamente circa quattro volte l'anno, le
sue secrezioni salivari aiutano a prevenire
l'improvviso rialzo glicemico conseguente
a questi infrequenti, ma copiosi pasti.
L'ultimo trial di fase III sull'exenatide
ha coinvolto 155 pazienti che non erano
riusciti a raggiungere l'obiettivo glicemico
prefissato con metformina, una sulfonilurea
o con i due farmaci in associazione. Le
due aziende produttrici affermano che, successivamente
all'aggiunta di exenatide per via iniettiva,
il 44% dei pazienti che hanno completato
le 24 settimane di trattamento ha raggiunto
l'obiettivo glicemico. I pazienti hanno
inoltre perso, in media, 3,4 kg.
Dan Bradbury, rappresentante di una delle
due aziende, ha detto all'agenzia Reuters
che la capacità di controllare i
livelli glicemici di così tanti pazienti
dopo precedente insuccesso terapeutico è
"un risultato piuttosto interessante".
Ha inoltre affermato che anche utilizzando
la recente classe dei glitazoni sarebbe
"inusuale ottenere un risultato di
queste proporzioni". In ogni caso,
utilizzando i glitazoni si assocerebbe un
incremento ponderale.
La reazione avversa riportata più
frequentemente nello studio è stata
la nausea, da lieve a moderata, che si riduceva
proseguendo il trattamento.
L'insulina long-acting
Lantus riduce la glicemia senza aumentare
il rischio di ipoglicemie
26 agosto 2003 (Medscape) - La casa farmaceutica
produttrice dell'insulina long-acting Lantus
ha affermato, in una conferenza durante
il 18° Congresso parigino dell'International
Diabetes Federation, che gli studi effettuati
dimostrano che la sua insulina long-acting
riduce significativamente i livelli glicemici
nei pazienti affetti da diabete di tipo
2, senza aumentare parallelamente il rischio
di ipoglicemie.
Citando gli studi presentati, l'azienda
ha affermato inoltre che i risultati ottenuti
e i dati a disposizione suggerirebbero che
la Lantus determinerebbe un minor incremento
ponderale, consentendo un trattamento più
precoce e aggressivo del diabete di tipo
2.
27
agosto
Una task force
esorta a trovare delle soluzioni per i rifornimenti
globalmente inadeguati d'insulina
di Kristin Richardson
27 agosto 2003 (Medscape) Il 18° Congresso
parigino dell'International Diabetes Federation,
a Parigi, propone un numero impressionante
di simposi, sessioni orali e poster, e,
come la maggior parte delle conferenze di
paesi del mondo occidentale, un'informazione
altrettanto impressionante sui nuovi farmaci,
sui device e le tecnologie prodotte da ditte
farmaceutiche per la cura del diabete. In
mezzo a tanta abbondanza, tuttavia, si è
sottolineata una realtà cruda: a
80 anni dalla scoperta dell'insulina, un
numero significativo di persone diabetiche
in tutto il mondo muore per mancanza d'accesso
a questo farmaco salvavita.
Nel 2003, la Task Force sull'Insulina dell'IDF
ha condotto la sua seconda "Global
Access to Insulin and Diabetes Supplies
Survey" [indagine sull'accesso globale
all'insulina e agli approvvigionamenti per
il diabete]. Hanno partecipato 74 nazioni,
30 delle quali hanno ammesso di non poter
garantire una fornitura continua d'insulina
ai soggetti affetti da diabete di tipo 1.
Le cause possono essere le più diverse,
come sconvolgimenti di natura politica,
catastrofi naturali o crisi economiche.
La sfida più importante, tuttavia,
è legata a cause che potrebbero definirsi
croniche: gli elevati costi dell'insulina,
il rifornimento inadeguato, la scarsa qualità
e i problemi di trasporto.
La situazione è particolarmente
preoccupante nell'Africa subsahariana. Come
ha detto il Prof. Jean-Claude Mbanya, del
Camerun, presidente della Task Force sull'Insulina
dell'IDF, "nessuna nazione, in Africa,
può garantire al 100% accessibilità
all'insulina". Nella Repubblica Democratica
del Congo, meno del 25% dei soggetti affetti
da diabete di tipo 1 ottiene una fornitura
regolare d'insulina, un tasso di disponibilità
che è il più basso dell'Africa.
Nessun continente è peraltro escluso
da tale situazione. In Europa, ad esempio,
il tasso di accessibilità in Ucraina
è anch'esso inferiore al 25%, e in
Sudamerica meno del 25% dei diabetici peruviani
ha accesso all'insulina.
L'IDF ha proclamato, come uno dei messaggi
chiave del 18° Congresso, "Insulin
for All". "Oggigiorno, nei paesi
in cui i rifornimenti medicali sono estremamente
limitati" ha affermato il Prof. Mbanya,
"la gente può essere obbligata
ad affrontare il terribile dilemma di dover
scegliere chi far vivere e chi lasciar morire".
Il rapporto della Task Force sull'Insulina
dell'IDF conclude affermando che la comunità
internazionale del diabete ha la responsabilità
collettiva e individuale di dover trovare
soluzioni alle crisi di accessibilità
all'insulina, e deve operare al fine di
realizzare un mondo in cui l'insulina sia
disponibile gratuitamente per tutti i diabetici.
Riscontro di
difetti cardiaci in soggetti diabetici prima
della comparsa di sintomatologia
di Ed Susman
27 agosto 2003 (Medscape) - Secondo un
poster presentato al 18° Congresso dell'International
Diabetes Federation di Parigi, i soggetti
diabetici possono presentare difetti cardiaci
che li pongono a rischio di eventi cardiovascolari
anche prima della comparsa di sintomatologia.
"Se riuscissimo a evidenziare in anticipo
la presenza di anormalità cardiache,
potremmo curare questi pazienti più
precocemente" ha detto a Medscape la
Dott.ssa Ines Thrainsdottir, del Karolinska
Hospital di Stoccolma, Svezia.
La Dott.ssa Thrainsdottir e i suoi collaboratori
avevano arruolato nello studio 77 soggetti,
43 dei quali affetti da diabete di tipo
2. L'età media era di 61 anni, e
circa due terzi dei pazienti erano di sesso
maschile, con una frazione d'eiezione ventricolare
sinistra del 57%. Il gruppo di controllo
comprendeva 34 soggetti non diabetici (età
media 58 anni), il 62% circa dei quali di
sesso maschile. Anche i soggetti del gruppo
di controllo avevano una frazione d'eiezione
del 57%, indicante una funzione cardiaca
nella norma. I pazienti sono stati sottoposti
a studio di imaging tissutale Doppler. L'esame
ultrasonografico ha valutato le velocità
regionali miocardiche di sei aree cardiache
a riposo o durante test da stress.
"Uno dei vantaggi nell'utilizzo dell'imaging
tissutale Doppler" ha detto la Dott.ssa
Thrainsdottir, "è quello di
poter registrare l'esame e poterlo anche
analizzare una volta conclusosi". I
ricercatori hanno riscontrato differenze
significative di velocità sistolica,
diastolica precoce e tardiva nei soggetti
con diabete noto e in assenza di sintomatologia
clinica d'insufficienza cardiaca. I pazienti
diabetici hanno mostrato valori pressori
sistolici e differenziali più elevati
a riposo e durante stress con dipiridamolo.
La Dott.ssa Thrainsdottir ha detto che "mediante
imaging tissutale quantitativo Doppler è
stata identificata una disfunzione miocardica
sisto-diastolica prima della comparsa di
segni clinici d'insufficienza cardiaca e
dei tradizionali indici ecocardiografici
di disfunzione".
"Ecco perché la presenza del
diabete di tipo 2 è così importante"
ha detto a la Dott.ssa Eva Toft, dell'Ersta
Hospital di Stoccolma, Svezia. "Questi
pazienti possono presentare un danno cardiaco
anche prima che questo possa essere diagnosticato".
Non è così sorprendente che
pazienti affetti da diabete di tipo 2, persone
che presumibilmente che hanno sviluppato
tale patologia diversi anni prima che venisse
loro diagnosticata, possano presentare qualche
disfunzione cardiaca, ha rimarcato il Prof.
Derek Stocker, (Bethesda, Maryland, USA).
"Tuttavia" ha aggiunto, "questo
studio non è in grado di affermare
se la disfunzione riscontrata è d'importanza
tale da dover trattare questi soggetti in
modo diverso da quanto si faccia attualmente
con farmaci antidiabetici, ipocolesterolemizzante
e antiipertensivi".
Il Prof. Stocker ha detto di non essere
certo della necessità di effettuare
studi ultrasonografici su tutti i diabetici
di tipo 2, o dell'opportunità di
trattare pazienti senza sintomatologia riferibile
a insufficienza cardiaca, ma con anormalità
ecografiche di velocità di flusso,
dal momento che la maggior parte dei trattamenti
farmacologici possono comportare spiacevoli
reazioni avverse.
Nell'abstract dello studio, la Dott.ssa
Thrainsdottir, suggerendo l'utilizzo dell'imaging
Doppler tissutale quale utile strumento
per il riconoscimento precoce di anormalità
cardiache, ne propone come possibile ulteriore
impiego "l'utilizzo in studi farmacologici
volti alla prevenzione della cardiomiopatia
diabetica".
"Sarebbe interessante effettuare studi
prospettici di questo tipo per determinare
il rilievo clinico di queste anomalie precoci",
ha detto la Dott.ssa Amanda Adler, epidemiologa
di Oxford (UK). Per quanto gli strumenti
ecografici e di imaging Doppler siano relativamente
economici, secondo la Dott.ssa Adler potrebbero
esistere metodi meno costosi per ottenere
uguali risultati predittivi. "Alcuni
studi ematici che effettuiamo attualmente
per valutare la glicemia potrebbero fornire
dati altrettanto predittivi rispetto a simili
test di imaging" ha affermato.
Secondo la Dott.ssa Thrainsdottir, nel
caso se ne confermasse l'utilità,
esami ultrasonografici effettuati in pazienti
che mostrano alterazioni iniziali del metabolismo
glicidico potrebbero rivelare se tali anormalità
cardiache inizino a comparire prima di poter
fare diagnosi di diabete.
28
agosto
Efficacia del
topiramato per la riduzione ponderale nei
diabetici
di Ed Susman
28 agosto 2003 (Medscape) - Al 18°
Congresso dell'IDF alcuni ricercatori hanno
presentato dei dati secondo i quali il topiramato,
farmaco approvato come antiepilettico che
si è successivamente guadagnato un'ottima
reputazione come versatile agente neurologico,
sembrerebbe mostrare qualità promettenti
nel trattamento dei soggetti diabetici.
Secondo il Dott. Kaj Stenlof (Baton Rouge,
Louisiana, USA), gran parte della sua efficacia
nel diabete deriverebbe dall'aiuto che il
farmaco può offrire per ottenere
un calo ponderale.
In un trial clinico effettuato in 20 ospedali
svedesi, il Dott. Stenlof è riuscito
a dimostrare che il topiramato, prescritto
a soggetti affetti da diabete di tipo 2
di nuova diagnosi, consentiva di ottenere
un calo ponderale variabile dal 6,6 al 9,1%
secondo la posologia impiegata. La ditta
produttrice ha dovuto interrompere lo studio,
disegnato per una durata pari a 52 settimane,
al fine di preparare una nuova formulazione
del farmaco atta a ridurne gli effetti collaterali.
Tra questi, il principale era la comparsa
di parestesie alle dita, ha detto il Dott.
Stenlof, di entità lieve e con risoluzione
spontanea alla sospensione del trattamento.
Tale effetto non ha consentito a quei pazienti
che per ragioni di lavoro necessitavano
di una discriminazione tattile fine, a livello
digitale, di proseguire il trial. Nello
studio, controllato con placebo, erano stati
arruolati 541 pazienti
"Non vi sono dubbi che il topiramato
sia efficace nel contribuire a far perdere
peso" ha affermato il Prof. Donald
Chisholm (Sydney, Australia). "Nella
nostra esperienza, inoltre, gli effetti
collaterali del farmaco non sembrano comprometterne
l'impiego nella maggioranza dei pazienti"
ha proseguito commentando la presentazione
poster del Dott. Stenlof. "Peraltro,
nessuno è ancora in grado di spiegare
con certezza il meccanismo d'azione di questi
effetti del topiramato".
Negli anni scorsi, i ricercatori avevano
riportato vari gradi di efficacia utilizzando
il topiramato, al di là delle indicazioni
ufficiali, nel trattamento del tremore essenziale,
nella prevenzione e nella terapia dell'emicrania,
nel trattamento dell'aumento ponderale determinato
dall'utilizzo di antidepressivi, nella cefalea
da nevralgie o di altro tipo, per alcune
forme di disturbi d'ansia, nella terapia
della dipendenza da alcool e nel controllo
dei disturbi del comportamento alimentare,
come ad esempio la bulimia.
Il Dott. Martin Fitchet, senior director
della ricerca clinica della Johnson &
Johnson Pharmaceutical, ha affermato che
l'azienda si sta preparando a richiedere
le indicazioni in diversi settori da parte
della Food and Drug Administration. Ha sottolineato
il fatto che i risultati presentati a Parigi
riguardassero studi di fase III.
In un altro studio presentato al convegno,
anche questo finanziato dalla medesima azienda,
alcuni ricercatori hanno rilevato che 81
soggetti obesi non diabetici, dopo 60 settimane
di trattamento con topiramato, avevano ottenuto
una significativa riduzione ponderale a
tre diversi dosaggi del farmaco, rispetto
ai 17 pazienti trattati con placebo. La
distribuzione viscerale dell'adipe addominale,
inoltre, si era ridotta significativamente.
In questo studio, gli effetti collaterali
più comuni sono stati le parestesie
e difficoltà di concentrazione, ha
affermato l'autore, il Dott. Tess Van der
Merwe (Johannesburg, Sudafrica). I pazienti
del gruppo placebo hanno ottenuto una riduzione
del 3,4% circa del peso corporeo, mentre
i soggetti del gruppo in trattamento un
calo compreso tra l'8,3 e il 14,9% - differenza
statisticamente significativa, ha concluso
il Dott. Van der Merwe.
Il calo ponderale osservato in questi studi
si associa a importanti modificazioni endocrine.
"Non occorre un calo ponderale drammatico
per osservare una grande differenza - forse
è sufficiente una riduzione del 7-10%,"
ha affermato la Dott.ssa Lais Monzillo (Sao
Paolo, Brasile). Nel suo studio, i pazienti
affetti da sindrome da insulino-resistenza
che avevano perso una media del 7,1% del
peso corporeo con un programma dietetico
di sei mesi associato ad attività
fisica hanno ottenuto un miglioramento degli
indici di sensibilità insulinica
del 56,8%.
"Il calo ponderale è la forza
motrice per ridurre il livello di rischio
diabetico" ha detto il Dott. Peter
Hammam a nome del Centro di Coordinamento
del Diabetes Prevention Program (Washington,
DC, USA). "Per ogni chilogrammo perso,
vi è una riduzione del 13% del rischio
di sviluppare diabete". Anche Robin
McCarthy, program manager per il diabete
presso la Indian Health Council (Pauma Valley,
California, USA), ha sottolineato come sia
sorprendente il fatto che sia sufficiente
perdere così poco peso per prevenire
così efficacemente il diabete."
29
agosto
Integratori
a base di cromo sembrano aumentare la sensibilità
al glucosio nei diabetici
di Ed Susman
29 agosto 2003 (Medscape) - Una serie di
presentazioni al 18° Congresso dell'IDF
sostiene che l'integrazione alimentare di
cromo picolinato potrebbe svolgere un ruolo
positivo nel controllo metabolico dei soggetti
affetti da diabete di tipo 2. Le presentazioni
hanno descritto i meccanismi genetici e
molecolari grazie ai quali il cromo picolinato
ridurrebbe la resistenza al glucosio e i
livelli glicemici.
"Sebbene non sia diabetico" ha
detto il Prof. Zhong Wong (Burlington, Vermont,
USA) "i miei livelli glicemici sono
talvolta superiori a quanto vorrei. Ho iniziato
ad assumere cromo spontaneamente, perché
sono convinto della sua utilità".
L'analisi di espressione genica suggerirebbe
come il cromo picolinato possa determinare
una down-regulation dei geni della muscolatura
scheletrica umana che potrebbero essere
coinvolti nell'azione cellulare e nella
disregolazione della produzione insulinica,
come il tumor necrosis factor (TNF) AIP6.
Egli ha affermato di ritenere che il cromo
picolinato possa influenzare il trattamento
antidiabetico riducendo la richiesta insulinica.
In un'altra presentazione poster sono stati
valutati, in uno studio in doppio cieco
controllato con placebo, gli effetti dell'assunzione
di cromo picolinato sul controllo metabolico
di 52 soggetti affetti da diabete di tipo
2. Lo studio, durato sei mesi, ha arruolato
individui con livelli di HbA1c superiori
a 8% e in terapia con più di 50 UI
di insulina/die. In aggiunta alla consueta
dose di antidiabetici orali, sono stati
somministrati ai pazienti 500 µg/die
di cromo picolinato, 1000 µg/die o
placebo. Il Dott. S.T. Houweling (Zwolle,
Olanda) ha riscontrato una riduzione significativa
dei livelli di HbA1c (da 9,5 a 9% nell'arco
di 6 mesi; p=0,032) nel gruppo che riceveva
una supplementazione di cromo picolinato
ai dosaggi più elevati. Lo studio
ha dimostrato, inoltre, una riduzione significativa
dei livelli di colesterolo e la tendenza
verso un miglioramento dei livelli di trigliceridi
in entrambi i gruppi in trattamento con
cromo picolinato, e una riduzione dei valori
pressori in tutti i gruppi. Lo studio non
ha tuttavia rilevato differenze significative
tra i gruppi in trattamento con cromo e
i soggetti trattati con placebo. L'insuccesso
nel dimostrare tali differenze non sorprende,
ha detto la Dott.ssa Amanda Adler, epidemiologa
presso la University of Oxford (UK). "Quando
partecipano a trial clinici" ha detto,
"i pazienti tendono a comportarsi come
se fossero seguiti più accuratamente,
e quindi assumono scrupolosamente la terapia
e seguono più attentamente la dieta".
Il comportamento dei pazienti in trattamento
con placebo potrebbe aver attenuato le reali
differenze dovute al trattamento.
In un altro studio effettuato dagli autori
del Vermont, il Dott. William Cefalu ha
affermato che il suo lavoro clinico sembrerebbe
confermare i risultati sperimentali ottenuti
dal Dott. Wong, e che soggetti diabetici
trattati con supplementazione di cromo esibiscono
una maggiore attività insulinica.
Tale studio, condotto in doppio cieco e
controllato con placebo, ha valutato pazienti
diabetici di tipo 2 in trattamento con sulfonilurea
o con sola dieta. Entrambi i gruppi sono
stati randomizzati a ricevere 1000 µg
di cromo picolinato/die o placebo. Dei 16
soggetti studiati, quelli randomizzati al
trattamento con cromo evidenziavano un incremento
medio di sensibilità insulinica dell'8,9%,
mentre il gruppo placebo una riduzione media
del 3,6%.
Secondo i ricercatori, il meccanismo d'azione
del cromo picolinato sull'attività
insulinica potrebbe risiedere in un'aumentata
attivazione della fosforilazione di Akt,
proteina intracellulare insulino-dipendente
che facilita l'uptake intracellulare del
glucosio. Secondo il Dott. Wong, la supplementazione
di cromo migliorerebbe l'azione insulinica
compensando la carenza nutrizionale: in
natura, il cromo è contenuto nella
carne rossa e nelle noci. Tale supplementazione,
sempre secondo il Dott. Wong, non determinerebbe
effetti collaterali, a parte un lieve e
infrequente discomfort gastrointestinale.
Un inibitore
della protein kinasi C può rallentare
lo sviluppo dell'edema maculare diabetico
di Kristin Richardson
29 agosto 2003 (Medscape) - I risultati
preliminari di uno studio clinico presentato
durante il 18° Congresso dell'IDF indicherebbero
che il ruboxistaurin (RBX), inibitore della
protein kinasi C (PKC) beta, sarebbe in
grado di ridurre lo sviluppo dell'edema
maculare diabetico (EMD) con coinvolgimento
in atto o imminente del centro della macula.
L'EMD, definito come un ispessimento retinico
entro due diametri dal centro della macula,
deriva dalle modificazioni microvascolari
della retina; si calcola che una quota compresa
tra il 25 e il 30% dei soggetti affetti
da almeno 20 anni da diabete di tipo 1 svilupperà
un EMD. Nel diabete di tipo 2, alcuni pazienti
presentano già al momento della diagnosi
una retinopatia in atto, e la maggior parte
dei pazienti svilupperà una maculopatia.
Lo studio multicentrico PKC-DMES (Protein
Kinase C Beta Diabetic Macular Edema Study),
in doppio mascherato, controllato con placebo,
ha valutato 686 pazienti (età media:
55±10 anni; durata media del diabete:
16±8,5 anni) affetti da EMD a rischio
non imminente di cecità. I pazienti
sono stati randomizzati a ricevere placebo
oppure 4, 16, o 32 mg di RBX. Il trattamento
è durato almeno 30 mesi, e il 45%
dei soggetti reclutati ha ricevuto la terapia
per almeno 36 mesi. Sono state effettuate
fotografie stereoscopiche a colori del fundus
a intervalli di 3-6 mesi. L'endpoint principale
era la progressione dell'EMD fino al coinvolgimento
in atto o imminente del centro della macula,
o il trattamento fotocoagulativo.
Il trattamento con RBX non si è
rivelato in grado di prevenire l'endpoint
primario della progressione dell'EMD o un
trattamento fotocoagulativo; tuttavia, la
dose più elevata di RBX (32 mg) ha
ridotto il coinvolgimento (in atto o imminente)
del centro della macula, rapportata al placebo.
Escludendo i pazienti con pessimo compenso
glicemico al momento dell'arruolamento (HbA1c
superiore a 10%), il trattamento con 32
mg di RBX si associava ad una riduzione
del rischio di progressione dell'EMD del
31% (p=0,019). I risultati di ulteriori
studi clinici, attualmente in corso, potranno
rivelare le potenziali applicazioni cliniche
del ruboxistaurin.
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