18th International Diabetes Federation Congress
Paris, France, 24-29 agosto 2003

Clinical news

 
  26 agosto
Il mondo di fronte alla catastrofe diabetica: un impatto potenzialmente superiore a quello dell'AIDS
 
L'exenatide controlla il diabete di tipo 2 refrattario e riduce il peso
L'insulina long-acting Lantus riduce la glicemia senza aumentare il rischio di ipoglicemie
 
  27 agosto
Una task force esorta a trovare delle soluzioni per i rifornimenti globalmente inadeguati d'insulina
 
Riscontro di difetti cardiaci in soggetti diabetici prima della comparsa di sintomatologia
 
  28 agosto
Efficacia del Topiramato per la riduzione ponderale nei diabetici
 
  29 agosto
Integratori a base di cromo sembrano aumentare la sensibilità al glucosio nei diabetici
 
Un inibitore della protein kinasi C può rallentare lo sviluppo dell'edema maculare diabetico
 
 
 


26 agosto

Il mondo di fronte alla catastrofe diabetica: un impatto potenzialmente superiore a quello dell'AIDS
di Emelia Sithole

26 agosto 2003 (Medscape) - Più di 300 milioni di persone, in tutto il mondo, sono a rischio di sviluppare il diabete, e l'impatto economico in alcuni tra i paesi colpiti più duramente potrebbe rivelarsi superiore a quello della pandemia di AIDS, hanno ammonito lunedì gli esperti di diabete. Secondo i dati di una relazione tenuta nell'ambito del congresso dell'International Diabetes Federation, a Parigi, le stime degli esperti riguardo i costi sanitari annuali per il diabete in tutto il mondo, per le persone di età compresa tra 20 e 79 anni, raggiungono già i 153 miliardi di dollari. Secondo il resoconto del Diabetes Atlas, per il 2025, la spesa sanitaria diretta totale mondiale, per questa patologia, sarà compresa tra 213 e 396 miliardi di dollari, se sono corrette le stime secondo le quali il numero di soggetti affetti da diabete salirà, per il 2025, dai 194 milioni di persone attuali a 333 milioni.

"In alcuni paesi a incidenza particolarmente elevata, il diabete possiede un impatto economico superiore all'AIDS" ha affermato Williams Rhys, professore di Epidemiologia Clinica presso la University of Wales, durante una conferenza stampa. Ci si aspetta oltre il 75% dei casi di diabete, per il 2025, nelle nazioni in via di sviluppo, a causa dei rapidi cambiamenti culturali e sociali e dell'urbanizzazione crescente. Si prevede che ciò graverà ulteriormente su sistemi sanitari già messi a dura prova dalla pandemia di AIDS.

Paul Zimmet, direttore della Fondazione dell'International Diabetes Institute, ha affermato che "il diabete rappresenterà nei primi vent'anni del secolo attuale quello che l'AIDS è stato negli ultimi 20 anni del ventesimo secolo". Zimmet e altri esperti sostengono che l'epidemia di diabete sarà alimentata dai 314 milioni di persone che si stima siano affetti da alterata tolleranza al glucosio (impaired glucose tolerance, IGT), ad alto rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Essi avvertono anche come l'incidenza del diabete di tipo 2, in molti paesi, sia aumentata nei bambini e negli adolescenti parallelamente all'incremento dell'obesità. Hanno esortato le aziende del comparto alimentare - specialmente quelle produttrici di cibi pronti - a produrre alimenti più sani, e gli amministratori pubblici a organizzare campagne nazionali per combattere il diabete.

"Non stiamo andando al passo con i tempi" ha ammonito durante una conferenza stampa Pierre Lefebvre, Presidente eletto dell'IDF. E ha concluso: "Se non intraprenderemo ora delle azioni efficaci per arrestare l'aumento del diabete, vi è il rischio significativo che i governi e i sistemi per la sicurezza sociale possano non riuscire a garantire le cure appropriate ai milioni di persone che saranno affette da diabete nel 2025".

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L'exenatide controlla il diabete di tipo 2 refrattario e riduce il peso

26 agosto 2003 (Medscape) - Il farmaco sperimentale antidiabetico exenatide, oltre a controllare la glicemia dei soggetti affetti da diabete di tipo 2, ne riduce il peso corporeo, secondo quanto affermato dalle due aziende produttrici che hanno reso pubblici nuovi risultati sull'efficacia dell'exenatide proprio durante il 18° Congresso parigino dell'International Diabetes Federation.

Il farmaco, di derivazione dalla saliva di una lucertola nota come Gila monster, è il primo di una nuova classe terapeutica per il diabete di tipo 2, e dovrebbe essere sottoposto alle autorità competenti per le autorizzazioni relative nel 2004. Poiché il Gila monster, lucertola che vive nel deserto dell'Arizona, mangia solamente circa quattro volte l'anno, le sue secrezioni salivari aiutano a prevenire l'improvviso rialzo glicemico conseguente a questi infrequenti, ma copiosi pasti. L'ultimo trial di fase III sull'exenatide ha coinvolto 155 pazienti che non erano riusciti a raggiungere l'obiettivo glicemico prefissato con metformina, una sulfonilurea o con i due farmaci in associazione. Le due aziende produttrici affermano che, successivamente all'aggiunta di exenatide per via iniettiva, il 44% dei pazienti che hanno completato le 24 settimane di trattamento ha raggiunto l'obiettivo glicemico. I pazienti hanno inoltre perso, in media, 3,4 kg.

Dan Bradbury, rappresentante di una delle due aziende, ha detto all'agenzia Reuters che la capacità di controllare i livelli glicemici di così tanti pazienti dopo precedente insuccesso terapeutico è "un risultato piuttosto interessante". Ha inoltre affermato che anche utilizzando la recente classe dei glitazoni sarebbe "inusuale ottenere un risultato di queste proporzioni". In ogni caso, utilizzando i glitazoni si assocerebbe un incremento ponderale.

La reazione avversa riportata più frequentemente nello studio è stata la nausea, da lieve a moderata, che si riduceva proseguendo il trattamento.

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L'insulina long-acting Lantus riduce la glicemia senza aumentare il rischio di ipoglicemie

26 agosto 2003 (Medscape) - La casa farmaceutica produttrice dell'insulina long-acting Lantus ha affermato, in una conferenza durante il 18° Congresso parigino dell'International Diabetes Federation, che gli studi effettuati dimostrano che la sua insulina long-acting riduce significativamente i livelli glicemici nei pazienti affetti da diabete di tipo 2, senza aumentare parallelamente il rischio di ipoglicemie.

Citando gli studi presentati, l'azienda ha affermato inoltre che i risultati ottenuti e i dati a disposizione suggerirebbero che la Lantus determinerebbe un minor incremento ponderale, consentendo un trattamento più precoce e aggressivo del diabete di tipo 2.

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27 agosto

Una task force esorta a trovare delle soluzioni per i rifornimenti globalmente inadeguati d'insulina
di Kristin Richardson

27 agosto 2003 (Medscape) Il 18° Congresso parigino dell'International Diabetes Federation, a Parigi, propone un numero impressionante di simposi, sessioni orali e poster, e, come la maggior parte delle conferenze di paesi del mondo occidentale, un'informazione altrettanto impressionante sui nuovi farmaci, sui device e le tecnologie prodotte da ditte farmaceutiche per la cura del diabete. In mezzo a tanta abbondanza, tuttavia, si è sottolineata una realtà cruda: a 80 anni dalla scoperta dell'insulina, un numero significativo di persone diabetiche in tutto il mondo muore per mancanza d'accesso a questo farmaco salvavita.

Nel 2003, la Task Force sull'Insulina dell'IDF ha condotto la sua seconda "Global Access to Insulin and Diabetes Supplies Survey" [indagine sull'accesso globale all'insulina e agli approvvigionamenti per il diabete]. Hanno partecipato 74 nazioni, 30 delle quali hanno ammesso di non poter garantire una fornitura continua d'insulina ai soggetti affetti da diabete di tipo 1. Le cause possono essere le più diverse, come sconvolgimenti di natura politica, catastrofi naturali o crisi economiche. La sfida più importante, tuttavia, è legata a cause che potrebbero definirsi croniche: gli elevati costi dell'insulina, il rifornimento inadeguato, la scarsa qualità e i problemi di trasporto.

La situazione è particolarmente preoccupante nell'Africa subsahariana. Come ha detto il Prof. Jean-Claude Mbanya, del Camerun, presidente della Task Force sull'Insulina dell'IDF, "nessuna nazione, in Africa, può garantire al 100% accessibilità all'insulina". Nella Repubblica Democratica del Congo, meno del 25% dei soggetti affetti da diabete di tipo 1 ottiene una fornitura regolare d'insulina, un tasso di disponibilità che è il più basso dell'Africa.

Nessun continente è peraltro escluso da tale situazione. In Europa, ad esempio, il tasso di accessibilità in Ucraina è anch'esso inferiore al 25%, e in Sudamerica meno del 25% dei diabetici peruviani ha accesso all'insulina.

L'IDF ha proclamato, come uno dei messaggi chiave del 18° Congresso, "Insulin for All". "Oggigiorno, nei paesi in cui i rifornimenti medicali sono estremamente limitati" ha affermato il Prof. Mbanya, "la gente può essere obbligata ad affrontare il terribile dilemma di dover scegliere chi far vivere e chi lasciar morire".

Il rapporto della Task Force sull'Insulina dell'IDF conclude affermando che la comunità internazionale del diabete ha la responsabilità collettiva e individuale di dover trovare soluzioni alle crisi di accessibilità all'insulina, e deve operare al fine di realizzare un mondo in cui l'insulina sia disponibile gratuitamente per tutti i diabetici.

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Riscontro di difetti cardiaci in soggetti diabetici prima della comparsa di sintomatologia
di Ed Susman

27 agosto 2003 (Medscape) - Secondo un poster presentato al 18° Congresso dell'International Diabetes Federation di Parigi, i soggetti diabetici possono presentare difetti cardiaci che li pongono a rischio di eventi cardiovascolari anche prima della comparsa di sintomatologia. "Se riuscissimo a evidenziare in anticipo la presenza di anormalità cardiache, potremmo curare questi pazienti più precocemente" ha detto a Medscape la Dott.ssa Ines Thrainsdottir, del Karolinska Hospital di Stoccolma, Svezia.

La Dott.ssa Thrainsdottir e i suoi collaboratori avevano arruolato nello studio 77 soggetti, 43 dei quali affetti da diabete di tipo 2. L'età media era di 61 anni, e circa due terzi dei pazienti erano di sesso maschile, con una frazione d'eiezione ventricolare sinistra del 57%. Il gruppo di controllo comprendeva 34 soggetti non diabetici (età media 58 anni), il 62% circa dei quali di sesso maschile. Anche i soggetti del gruppo di controllo avevano una frazione d'eiezione del 57%, indicante una funzione cardiaca nella norma. I pazienti sono stati sottoposti a studio di imaging tissutale Doppler. L'esame ultrasonografico ha valutato le velocità regionali miocardiche di sei aree cardiache a riposo o durante test da stress.

"Uno dei vantaggi nell'utilizzo dell'imaging tissutale Doppler" ha detto la Dott.ssa Thrainsdottir, "è quello di poter registrare l'esame e poterlo anche analizzare una volta conclusosi". I ricercatori hanno riscontrato differenze significative di velocità sistolica, diastolica precoce e tardiva nei soggetti con diabete noto e in assenza di sintomatologia clinica d'insufficienza cardiaca. I pazienti diabetici hanno mostrato valori pressori sistolici e differenziali più elevati a riposo e durante stress con dipiridamolo. La Dott.ssa Thrainsdottir ha detto che "mediante imaging tissutale quantitativo Doppler è stata identificata una disfunzione miocardica sisto-diastolica prima della comparsa di segni clinici d'insufficienza cardiaca e dei tradizionali indici ecocardiografici di disfunzione".

"Ecco perché la presenza del diabete di tipo 2 è così importante" ha detto a la Dott.ssa Eva Toft, dell'Ersta Hospital di Stoccolma, Svezia. "Questi pazienti possono presentare un danno cardiaco anche prima che questo possa essere diagnosticato".

Non è così sorprendente che pazienti affetti da diabete di tipo 2, persone che presumibilmente che hanno sviluppato tale patologia diversi anni prima che venisse loro diagnosticata, possano presentare qualche disfunzione cardiaca, ha rimarcato il Prof. Derek Stocker, (Bethesda, Maryland, USA). "Tuttavia" ha aggiunto, "questo studio non è in grado di affermare se la disfunzione riscontrata è d'importanza tale da dover trattare questi soggetti in modo diverso da quanto si faccia attualmente con farmaci antidiabetici, ipocolesterolemizzante e antiipertensivi".

Il Prof. Stocker ha detto di non essere certo della necessità di effettuare studi ultrasonografici su tutti i diabetici di tipo 2, o dell'opportunità di trattare pazienti senza sintomatologia riferibile a insufficienza cardiaca, ma con anormalità ecografiche di velocità di flusso, dal momento che la maggior parte dei trattamenti farmacologici possono comportare spiacevoli reazioni avverse.

Nell'abstract dello studio, la Dott.ssa Thrainsdottir, suggerendo l'utilizzo dell'imaging Doppler tissutale quale utile strumento per il riconoscimento precoce di anormalità cardiache, ne propone come possibile ulteriore impiego "l'utilizzo in studi farmacologici volti alla prevenzione della cardiomiopatia diabetica".

"Sarebbe interessante effettuare studi prospettici di questo tipo per determinare il rilievo clinico di queste anomalie precoci", ha detto la Dott.ssa Amanda Adler, epidemiologa di Oxford (UK). Per quanto gli strumenti ecografici e di imaging Doppler siano relativamente economici, secondo la Dott.ssa Adler potrebbero esistere metodi meno costosi per ottenere uguali risultati predittivi. "Alcuni studi ematici che effettuiamo attualmente per valutare la glicemia potrebbero fornire dati altrettanto predittivi rispetto a simili test di imaging" ha affermato.

Secondo la Dott.ssa Thrainsdottir, nel caso se ne confermasse l'utilità, esami ultrasonografici effettuati in pazienti che mostrano alterazioni iniziali del metabolismo glicidico potrebbero rivelare se tali anormalità cardiache inizino a comparire prima di poter fare diagnosi di diabete.

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28 agosto

Efficacia del topiramato per la riduzione ponderale nei diabetici
di Ed Susman

28 agosto 2003 (Medscape) - Al 18° Congresso dell'IDF alcuni ricercatori hanno presentato dei dati secondo i quali il topiramato, farmaco approvato come antiepilettico che si è successivamente guadagnato un'ottima reputazione come versatile agente neurologico, sembrerebbe mostrare qualità promettenti nel trattamento dei soggetti diabetici. Secondo il Dott. Kaj Stenlof (Baton Rouge, Louisiana, USA), gran parte della sua efficacia nel diabete deriverebbe dall'aiuto che il farmaco può offrire per ottenere un calo ponderale.

In un trial clinico effettuato in 20 ospedali svedesi, il Dott. Stenlof è riuscito a dimostrare che il topiramato, prescritto a soggetti affetti da diabete di tipo 2 di nuova diagnosi, consentiva di ottenere un calo ponderale variabile dal 6,6 al 9,1% secondo la posologia impiegata. La ditta produttrice ha dovuto interrompere lo studio, disegnato per una durata pari a 52 settimane, al fine di preparare una nuova formulazione del farmaco atta a ridurne gli effetti collaterali. Tra questi, il principale era la comparsa di parestesie alle dita, ha detto il Dott. Stenlof, di entità lieve e con risoluzione spontanea alla sospensione del trattamento. Tale effetto non ha consentito a quei pazienti che per ragioni di lavoro necessitavano di una discriminazione tattile fine, a livello digitale, di proseguire il trial. Nello studio, controllato con placebo, erano stati arruolati 541 pazienti

"Non vi sono dubbi che il topiramato sia efficace nel contribuire a far perdere peso" ha affermato il Prof. Donald Chisholm (Sydney, Australia). "Nella nostra esperienza, inoltre, gli effetti collaterali del farmaco non sembrano comprometterne l'impiego nella maggioranza dei pazienti" ha proseguito commentando la presentazione poster del Dott. Stenlof. "Peraltro, nessuno è ancora in grado di spiegare con certezza il meccanismo d'azione di questi effetti del topiramato".

Negli anni scorsi, i ricercatori avevano riportato vari gradi di efficacia utilizzando il topiramato, al di là delle indicazioni ufficiali, nel trattamento del tremore essenziale, nella prevenzione e nella terapia dell'emicrania, nel trattamento dell'aumento ponderale determinato dall'utilizzo di antidepressivi, nella cefalea da nevralgie o di altro tipo, per alcune forme di disturbi d'ansia, nella terapia della dipendenza da alcool e nel controllo dei disturbi del comportamento alimentare, come ad esempio la bulimia.

Il Dott. Martin Fitchet, senior director della ricerca clinica della Johnson & Johnson Pharmaceutical, ha affermato che l'azienda si sta preparando a richiedere le indicazioni in diversi settori da parte della Food and Drug Administration. Ha sottolineato il fatto che i risultati presentati a Parigi riguardassero studi di fase III.

In un altro studio presentato al convegno, anche questo finanziato dalla medesima azienda, alcuni ricercatori hanno rilevato che 81 soggetti obesi non diabetici, dopo 60 settimane di trattamento con topiramato, avevano ottenuto una significativa riduzione ponderale a tre diversi dosaggi del farmaco, rispetto ai 17 pazienti trattati con placebo. La distribuzione viscerale dell'adipe addominale, inoltre, si era ridotta significativamente. In questo studio, gli effetti collaterali più comuni sono stati le parestesie e difficoltà di concentrazione, ha affermato l'autore, il Dott. Tess Van der Merwe (Johannesburg, Sudafrica). I pazienti del gruppo placebo hanno ottenuto una riduzione del 3,4% circa del peso corporeo, mentre i soggetti del gruppo in trattamento un calo compreso tra l'8,3 e il 14,9% - differenza statisticamente significativa, ha concluso il Dott. Van der Merwe.

Il calo ponderale osservato in questi studi si associa a importanti modificazioni endocrine. "Non occorre un calo ponderale drammatico per osservare una grande differenza - forse è sufficiente una riduzione del 7-10%," ha affermato la Dott.ssa Lais Monzillo (Sao Paolo, Brasile). Nel suo studio, i pazienti affetti da sindrome da insulino-resistenza che avevano perso una media del 7,1% del peso corporeo con un programma dietetico di sei mesi associato ad attività fisica hanno ottenuto un miglioramento degli indici di sensibilità insulinica del 56,8%.

"Il calo ponderale è la forza motrice per ridurre il livello di rischio diabetico" ha detto il Dott. Peter Hammam a nome del Centro di Coordinamento del Diabetes Prevention Program (Washington, DC, USA). "Per ogni chilogrammo perso, vi è una riduzione del 13% del rischio di sviluppare diabete". Anche Robin McCarthy, program manager per il diabete presso la Indian Health Council (Pauma Valley, California, USA), ha sottolineato come sia sorprendente il fatto che sia sufficiente perdere così poco peso per prevenire così efficacemente il diabete."

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29 agosto

Integratori a base di cromo sembrano aumentare la sensibilità al glucosio nei diabetici
di Ed Susman

29 agosto 2003 (Medscape) - Una serie di presentazioni al 18° Congresso dell'IDF sostiene che l'integrazione alimentare di cromo picolinato potrebbe svolgere un ruolo positivo nel controllo metabolico dei soggetti affetti da diabete di tipo 2. Le presentazioni hanno descritto i meccanismi genetici e molecolari grazie ai quali il cromo picolinato ridurrebbe la resistenza al glucosio e i livelli glicemici.

"Sebbene non sia diabetico" ha detto il Prof. Zhong Wong (Burlington, Vermont, USA) "i miei livelli glicemici sono talvolta superiori a quanto vorrei. Ho iniziato ad assumere cromo spontaneamente, perché sono convinto della sua utilità". L'analisi di espressione genica suggerirebbe come il cromo picolinato possa determinare una down-regulation dei geni della muscolatura scheletrica umana che potrebbero essere coinvolti nell'azione cellulare e nella disregolazione della produzione insulinica, come il tumor necrosis factor (TNF) AIP6. Egli ha affermato di ritenere che il cromo picolinato possa influenzare il trattamento antidiabetico riducendo la richiesta insulinica.

In un'altra presentazione poster sono stati valutati, in uno studio in doppio cieco controllato con placebo, gli effetti dell'assunzione di cromo picolinato sul controllo metabolico di 52 soggetti affetti da diabete di tipo 2. Lo studio, durato sei mesi, ha arruolato individui con livelli di HbA1c superiori a 8% e in terapia con più di 50 UI di insulina/die. In aggiunta alla consueta dose di antidiabetici orali, sono stati somministrati ai pazienti 500 µg/die di cromo picolinato, 1000 µg/die o placebo. Il Dott. S.T. Houweling (Zwolle, Olanda) ha riscontrato una riduzione significativa dei livelli di HbA1c (da 9,5 a 9% nell'arco di 6 mesi; p=0,032) nel gruppo che riceveva una supplementazione di cromo picolinato ai dosaggi più elevati. Lo studio ha dimostrato, inoltre, una riduzione significativa dei livelli di colesterolo e la tendenza verso un miglioramento dei livelli di trigliceridi in entrambi i gruppi in trattamento con cromo picolinato, e una riduzione dei valori pressori in tutti i gruppi. Lo studio non ha tuttavia rilevato differenze significative tra i gruppi in trattamento con cromo e i soggetti trattati con placebo. L'insuccesso nel dimostrare tali differenze non sorprende, ha detto la Dott.ssa Amanda Adler, epidemiologa presso la University of Oxford (UK). "Quando partecipano a trial clinici" ha detto, "i pazienti tendono a comportarsi come se fossero seguiti più accuratamente, e quindi assumono scrupolosamente la terapia e seguono più attentamente la dieta". Il comportamento dei pazienti in trattamento con placebo potrebbe aver attenuato le reali differenze dovute al trattamento.

In un altro studio effettuato dagli autori del Vermont, il Dott. William Cefalu ha affermato che il suo lavoro clinico sembrerebbe confermare i risultati sperimentali ottenuti dal Dott. Wong, e che soggetti diabetici trattati con supplementazione di cromo esibiscono una maggiore attività insulinica. Tale studio, condotto in doppio cieco e controllato con placebo, ha valutato pazienti diabetici di tipo 2 in trattamento con sulfonilurea o con sola dieta. Entrambi i gruppi sono stati randomizzati a ricevere 1000 µg di cromo picolinato/die o placebo. Dei 16 soggetti studiati, quelli randomizzati al trattamento con cromo evidenziavano un incremento medio di sensibilità insulinica dell'8,9%, mentre il gruppo placebo una riduzione media del 3,6%.

Secondo i ricercatori, il meccanismo d'azione del cromo picolinato sull'attività insulinica potrebbe risiedere in un'aumentata attivazione della fosforilazione di Akt, proteina intracellulare insulino-dipendente che facilita l'uptake intracellulare del glucosio. Secondo il Dott. Wong, la supplementazione di cromo migliorerebbe l'azione insulinica compensando la carenza nutrizionale: in natura, il cromo è contenuto nella carne rossa e nelle noci. Tale supplementazione, sempre secondo il Dott. Wong, non determinerebbe effetti collaterali, a parte un lieve e infrequente discomfort gastrointestinale.

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Un inibitore della protein kinasi C può rallentare lo sviluppo dell'edema maculare diabetico
di Kristin Richardson

29 agosto 2003 (Medscape) - I risultati preliminari di uno studio clinico presentato durante il 18° Congresso dell'IDF indicherebbero che il ruboxistaurin (RBX), inibitore della protein kinasi C (PKC) beta, sarebbe in grado di ridurre lo sviluppo dell'edema maculare diabetico (EMD) con coinvolgimento in atto o imminente del centro della macula.

L'EMD, definito come un ispessimento retinico entro due diametri dal centro della macula, deriva dalle modificazioni microvascolari della retina; si calcola che una quota compresa tra il 25 e il 30% dei soggetti affetti da almeno 20 anni da diabete di tipo 1 svilupperà un EMD. Nel diabete di tipo 2, alcuni pazienti presentano già al momento della diagnosi una retinopatia in atto, e la maggior parte dei pazienti svilupperà una maculopatia.

Lo studio multicentrico PKC-DMES (Protein Kinase C Beta Diabetic Macular Edema Study), in doppio mascherato, controllato con placebo, ha valutato 686 pazienti (età media: 55±10 anni; durata media del diabete: 16±8,5 anni) affetti da EMD a rischio non imminente di cecità. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere placebo oppure 4, 16, o 32 mg di RBX. Il trattamento è durato almeno 30 mesi, e il 45% dei soggetti reclutati ha ricevuto la terapia per almeno 36 mesi. Sono state effettuate fotografie stereoscopiche a colori del fundus a intervalli di 3-6 mesi. L'endpoint principale era la progressione dell'EMD fino al coinvolgimento in atto o imminente del centro della macula, o il trattamento fotocoagulativo.

Il trattamento con RBX non si è rivelato in grado di prevenire l'endpoint primario della progressione dell'EMD o un trattamento fotocoagulativo; tuttavia, la dose più elevata di RBX (32 mg) ha ridotto il coinvolgimento (in atto o imminente) del centro della macula, rapportata al placebo. Escludendo i pazienti con pessimo compenso glicemico al momento dell'arruolamento (HbA1c superiore a 10%), il trattamento con 32 mg di RBX si associava ad una riduzione del rischio di progressione dell'EMD del 31% (p=0,019). I risultati di ulteriori studi clinici, attualmente in corso, potranno rivelare le potenziali applicazioni cliniche del ruboxistaurin.

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  Traduzione a cura di Luisa Brunetti e Marco Gallo  
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