<% %> Infodiabetes.it - Congresso ADA 2003
 
 
     
June 4 - 8, 2004, Orlando, Florida  



Risultati studio Cards

 

  Anticipata la conclusione del primo studio di prevenzione primaria con statine espressamente disegnato per soggetti diabetici
Marco Gallo
 
 

(Orlando, 6 giugno 2004) – Tra gli studi presentati in anteprima a questa edizione del congresso dell’ADA, sulla scia del concetto emergente di allargare le indicazioni alla terapia con statine nei soggetti diabetici (vedere le nuove linee-guida sul trattamento della dislipidemia dell’ACP, American College of Physicians, e i crescenti consensi registrati dalla strategia della “polypill”, negli appositi spazi dedicati al congresso dell’ADA), è stata prestata molta attenzione alla relazione della Prof.ssa Helen Colhoun (Dublino, Irlanda), che ha riferito i risultati dello studio CARDS (Collaborative AtoRvastatin Diabetes Study).

Lo studio, un trial randomizzato in doppio cieco in “intention to treat”, controllato con placebo e condotto presso 132 centri del Regno Unito e dell’Irlanda, presentava già a priori motivi d’interesse particolari per la diabetologia, essendo il primo ad essere realizzato espressamente su soggetti affetti dalla malattia per la valutazione di efficacia di una statina in prevenzione primaria. Sono stati arruolati 2838 soggetti, su 4053 candidati (età media 61,5 anni; range: 40-75 anni; durata media di malattia diabetica = 7,9±6,4 anni; 94% bianchi; 68% di sesso maschile; BMI medio =28,7 kg/mq; percentuale di soggetti obesi = 36%), randomizzandoli tra un trattamento con 10 mg/die di atorvastatina o placebo. I soggetti dovevano non essere affetti da malattia cardiovascolare nota, ma possedere uno tra i seguenti fattori di rischio: ipertensione arteriosa, retinopatia, presenza di micro/macroalbuminuria o essere fumatori; essi dovevano inoltre avere livelli di colesterolo LDL inferiori o uguali a 160 mg/dl e di trigliceridi inferiori o uguali a 600 mg/dl. L’endpoint primario era composto dai seguenti eventi: morte, infarto (IMA) non fatale, angina richiedente ospedalizzazione, necessità di rivascolarizzazione e ictus. Il disegno dello studio, per il quale era stato effettuato a priori il calcolo della numerosità del campione (considerando una percentuale di drop-out del 20%) e il tasso previsto di eventi nel gruppo placebo (2,35/anno), prevedeva 6 settimane di pre-randomizzazione, e controlli successivi a 1, 3, 6 mesi dall’inizio del trattamento e ogni sei mesi successivi. La conclusione, prevista originariamente per il 2005, è stata anticipata al giugno 2003 (dopo la seconda analisi ad interim) per l’evidenza di un beneficio significativo nel gruppo trattato (p=0,0005).

Hanno completato lo studio 1421 soggetti (99,5%) del gruppo atorvastatina e 1399 (99,1%) del gruppo placebo (con una mediana di follow-up di 3,9 anni), conseguenza della bassissima incidenza di effetti collaterali (3% nel gruppo atorvastatina vs 2% in quello placebo). Di rilievo, il basso livello medio di colesterolo LDL (119 mg/dl) e quello di colesterolo non HDL (154 mg/dl) nei soggetti arruolati.

I risultati hanno documentato una riduzione del 26% del colesterolo totale, del 40% del colesterolo LDL e del 21% dei trigliceridi nel gruppo trattato (p<0,0001 per ciascuno di essi); non significativa la differenza in termini di colesterolo HDL. Oltre l’80% dei soggetti trattati ha ottenuto livelli lipidici inferiori a quelli consigliati nelle linee-guida (vs 25% del gruppo placebo). Per quanto riguarda l’end-point principale, si è osservata una riduzione del rischio relativo cumulativo del 37% nel gruppo trattato (p<0,001), espressione di una riduzione del 36% di eventi cardiaci acuti, del 31% di procedure di rivascolarizzazione (ns) e del 48% di ictus. La riduzione della mortalità per tutte le cause è stata del 27%.

Tali risultati persistevano dopo correzione per sesso, età e livelli lipidici basali, e, secondo gli autori, potrebbero essere sottostimati per il disegno in “intention to treat” dello studio. A 4 anni, l’NNT è risultato di 27 (27 soggetti da trattare per evitare 1 evento cardiovascolare), e la riduzione del rischio assoluto del 3,7%. Non è stata registrata una differenza significativa di mortalità non cardiovascolare, né per suicidi o neoplasie tra i due gruppi (2,9% nel gruppo atorvastatina, 3,4% in quello placebo).

Commentando tali risultati, la Prof.ssa Colhoun ha affermato che non parrebbe pertanto esistere un razionale per utilizzare unicamente i livelli di colesterolo LDL ai fini della decisione se trattare o meno i soggetti diabetici. È probabile che lo studio sia destinato a far discutere, nel tentativo di trovare un equilibrio tra i fautori del trattamento universale di tutti i soggetti diabetici con statine e coloro che propongono, in qualche modo, una valutazione a priori del rischio cardiovascolare complessivo.

Lo studio, sponsorizzato da Diabetes UK, dal Department of Health britannico e dalla Pfizer, sarà pubblicato in forma preliminare a luglio su Diabetic Medicine.

Riferimenti web:

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